Le malte gli intonaci ed il confine tra edilizia e restauro

L’argomento che ho scelto di trattare in questo articolo riguarda un’area d’interesse estremamente vasta

Riguarda il restauro ma anche l’edilizia, qualora si trovi ad operare su manufatti storici.

Desidero parlare di malte ed intonaci

Fatte le doverose  distinzioni, dettate da materia prima, aree geografiche ed evoluzione tecnologica, si tratta di una tecnica incredibilmente longeva, poiché  utilizzata ininterrottamente dall’antichità sino ai giorni nostri!

L’intonaco è quel composto polimaterico che deriva dalla miscelazione di una parte di legante  e due o tre parti di inerte (in polvere o comunque di granulometria medio piccola). Detti componenti vengono mescolati e condotti allo stato semi fluido (malta) mediante l’aggiunta di acqua, quindi il composto viene steso in strati sul supporto prescelto.

Detto supporto può essere rappresentato dalle superfici di un edificio, la cui struttura potrà essere in pietra, laterizio  o altro ancora. La condizione necessaria per l’applicazione dell’intonaco è che il, supporto abbia una, seppur minima porosità. Dopo la stesura, la malta, raggiunge lo stato solido attraverso l’essiccazione, la carbonatazione o la silicizzazione, divenendo così intonaco.

Dobbiamo considerare che l’intonaco ha infinite varianti dettate sia dal componente inerte che dal  legante, oltre che dalla granulometria e dalla modalità di utilizzo. Si pensi che il medesimo composto,  con legante di calce idrata, manipolato con sapienza  tecnico metodologica specifica, può generare intonaco da allettamento per murature semplici, così come stucchi aggettanti  o ancora stucchi veneziani o affreschi. Questo per dare l’idea della grande versatilità di questa materia.

Al fine di comprendere chiaramente quali intonaci siano pertinenti e compatibili con azioni conservative, di restauro  o genericamente compatibili con manufatti storici, si rende utile conoscere i principali tipi di intonaco in circolazione

Nella seguente tabella elencherò i principali tipi di intonaco suddivisi a seconda della tipologia di legante e della compatibilità con il manufatto storico:

Di seguito una breve descrizione dei diversi tipi di intonaco elencati nella tabella

L’ Intonaco di calce idrata – L’intonaco con il legante aereo per eccellenza, deriva dalla cottura della pietra  calcarea (calce viva) messa poi a spegnere in vasche di acqua e stagionato per almeno 2 anni. Si tratta del più antico dei leganti, per fare un esempio, gli intonaci interni alle piramidi egizie sono di questa natura, così come gli affreschi di ogni epoca e gli stucchi Veneziani. Per ovvi motivi è il più direttamente compatibile con i manufatti storici. Asciuga in presenza di aria e, grazie all’anidride carbonica in essa contenuta consolida attraverso il particolarissimo processo chimico della carbonatazione. I Romani vi aggiungevano pozzolana per conferire caratteristiche idrauliche all’intonaco, ma oggi abbiamo la calce idraulica

L’intonaco di calce idraulica – ha il medesimo componente della calce idrata, si tratta di idrossido di calcio, ottenuto mediante cottura del calcaree ma a delle gradazioni più alte rispetto alla calce idrata. Questo intonaco asciuga anche in presenza di acqua e umidità, per questo è detto “idraulico”. La calce idraulica naturale è contraddistinta in commercio dalla sigla NHL (Natural Hidraulic Lime). ATTENZIONE in assenza della sigla NHL non è calce naturale a seguire NHL possiamo avere un numero 2,5- 3,5 – 5,  in sintesi si tratta del grado di tenuta della calce  al centimetro cubo (esempio 3,5 Kilo Newton al centimetro). L’intonaco di calce idraulica possiede un ottima compatibilità con i manufatti storici ed è particolarmente indicato per i quelli collocati in zone umide e fredde.

L’intonaco ai Silicati di Potassio è caratterizzato da un legante silicico, il silicato di potassio, che ha il potere di aderire al supporto con grande tenacia. Un modo semplice per visualizzare  il meccanismo di presa del silicato di potassio (silicizzazione) consiste nell’immaginare che la parte fluida  dell’intonaco sia del vetro liquido con il potere di penetrare in ogni anfratto e di  inglobare i pigmenti ed i granelli di inerte e quindi di legarsi indissolubilmente al supporto, garantendo al contempo una buona traspirazione. Questo tipo di intonaco nasce dall’invenzione dei  colori ai silicati (silicato di potassio + pigmenti minerali) brevettati in Baviera  da Adolf Whilelm Keim nel 1878, tale idea era volta a consentire, anche nei luoghi freddi e umidi, di decorare le pareti esterne ottenendo risultati simili alla decorazione a fresco. Oggi i silicati forniscono una vasta gamma di colori e intonaci colorati di ottima qualità. Questo intonaco ha un aspetto naturale con lievi differenze cromatiche e non è di facilissimo utilizzo poiché, come gli intonaci di calce, tende a segnare le giunzioni e le differenze cromatiche dei diversi tipi di assorbimento del supporto. Per le sue caratteristiche trovo sia un intonaco ottimo per manufatti otto – novecenteschi e nel caso in cui si debbano consolidare calci idrauliche o  cementi novecenteschi dei palazzi liberty o Decò, oppure in luoghi freddi, per il resto è comunque preferibile la calce idrata o idraulica. Vi è un dato a cui si deve prestare attenzione nell’utilizzo  di questo prodotto, non si deve cedere alle sirene della distribuzione commerciale che spesso consiglia vivamente e associa  un buon intonaco ai silicati di potassio ad  una finitura ai colori silossanici, che contengono resine sintetiche, e andrebbero a rovinare l’intento conservativo del prodotto ai silicati di potassio.

L’intonaco di loppa basica granulare d’altoforno merita una riflessione particolare, poiché questo legante dall’azione idraulica latente, generata da leganti idraulici da miscela è poco studiato, poco conosciuto ma temo, molto più diffuso di quanto non si possa immaginare. La loppa basica granulare d’altoforno è un residuo della lavorazione della ghisa, che, si è evidenziato avere del potere legante. Circa una decina di anni or sono la commissione per le normative comunitarie della comunità Europea ha inserito questo materiale tra i leganti idraulici. Non esistono in bibliografia studi specifici approfonditi in relazione all’utilizzo di tale legante su manufatti storici, ma il fatto che sia una scoria della lavorazione siderurgica da da pensare che non si tratti propriamente di acqua di fonte e quindi potrebbe essere dannosa per la conservazione di un manufatto storico. Un ulteriore dato sospetto è che sono pochissimi gli intonaci premiscelati dove si dichiari palesemente che il legante sia loppa d’altoforno, ed è qui il punto! Se fosse ovvia la bontà del prodotto perché mai commercializzarlo sotto mentite spoglie? A causa di vari trucchi commerciali ,  chi si occupa di manufatti storici e restauro deve prestare una grande attenzione, spesso agli intonaci di loppa d’altoforno vengono commercializzati con generiche indicazioni di intonaco a base di calce. La loppa d’altoforno ha costi molto contenuti ed è di colore grigio. Due piccole accortezze ci possono aiutare ad individuare il vero legante dell’intonaco premiscelato

  1. La calce idraulica naturale NHL è di colore bianco o beige o terra naturale chiara, MAI GRIGIA! diffidiamo dei premiscelati di questo colore
  2. I sacchi che inseriscono a caratteri cubitali sulle indicazioni NON AGGIUNGERE CALCE hanno ottime probabilità di contenere loppa d’altoforno, che notoriamente ha reazioni avverse con la mescolanza alla calce naturale, sopratutto idrata. Diffidiamo quindi dei premiscelati che riportano tale indicazione

Intonaco di calce eminentemente idraulica è un altro intonaco con legante derivante da una miscela, quindi non naturale, e dall’attività idraulica latente. Come la loppa d’altoforno è dichiarato legante idraulico dalla CEE ma cosa contenga di preciso non è facile comprendere. Genericamente è di colore grigio ed ha un costo molto contenuto, risulta essere particolarmente dannoso per i manufatti storici poiché spesso contiene polimeri o scarti del cemento, quei residui che non hanno raggiunto le caratteristiche di tenuta richiesti per divenire Portland, vengono miscelati con chissà cos’altro e impacchettati come calce eminentemente idraulica. E’ un materiale pericolosissimo per il restauro, poiché si propone sotto le mentite spoglie della calce, ed ha invece tutte le caratteristiche negative, ormai note, del cemento e non possiede neppure quelle positive come la tenuta.

Intonaco di cemento, è quasi inutile parlarne, tutti lo sanno, è quanto di più controindicato possa esistere nel campo della conservazione dei manufatti storici. Tuttavia è sempre molto diffuso, ha un basso costo ed una facilità incredibile di lavorazione. Mentre per la calce le conoscenze tecniche sono indispensabili al fine di realizzare un intonaco di qualità, l’intonaco di cemento riesce  sempre, anche se realizzato da un neofita, facile e veloce, per questo è così amato dalle ditte edili. Il cemento deriva dalla cottura del clinker ad altissime temperature, contiene molti agenti leganti diversi tra loro ed il suo procedimento di presa e indurimento è così complesso che ancora non è perfettamente chiaro neppure per i chimici. Per il restauro è molto dannoso, è troppo rigido, attira tutti i sali solubili di nitrato del circondario, attira l’umidità che induce disgregazione agli intonaci di calce idrata circostanti, è igroscopico e chi più ne ha più ne metta. Intendiamoci se desiderate realizzare una nuova costruzione in cemento armato, la finitura in cemento sarà perfettamente compatibile ma nei manufatti storici no! È un incubo.

Intonaco con leganti acrilici o sintetici genericamente difinito al quarzo per il tipo di inerte utilizzato. Normalmente è un composto di inerti legati per polimerizzazione del legante di tipo acrilico, resinoso o di sintesi. È molto diffuso, anzi è il più diffuso in assoluto, trova utilizzo per la finitura delle facciate di ogni genere, dalla villetta a schiera alla facciata del museo. Lo troviamo sotto  forma di intonaco colorato in pasta, con granulometria sottile oppure grossa e difforme che crea ombre di pseudo antichità sulle superfici trattate, oppure come stucco liscio alla veneziana. Presenta  una gamma immensa di colori da quelli pieni e compatti a quelli iridescenti, perlescenti o brillantanti. A corredo ha sempre un aggrappante da stendere, sulla povera muratura, prima della realizzazione e magari una velatura collosa da usare come finitura e creare l’effetto finto antico anzi per usare un neologismo diffuso “antichizzazione”.  Molto versatile, il componente  acrilico o di sintesi può essere aggiunto a quasi tutti gli altri materiali creando mix micidiali per la conservazione degli intonaci antichi. A differenza degli intonaci ai silicati o di calce è di semplice utilizzo, ha colori piatti e uniformi  può raggiungere  gradazioni tonali molto accese, risulta sempre uniforme e compatto resiste per lungo tempo, immobile come un rifiuto di plastica al mare, nel frattempo inquina tutto ciò che lo circonda.  Quando degrada, presenta delle deformazioni superficiali e distacchi, delle bolle alla “alien”  e quando le bolle si lacerano,  l’intonaco si sfoglia, con il tipico effetto della fetta di prosciutto, mentre al di sotto dalle murature antiche, arrivano segnali di vita ed esplodono i sali solubili di nitrato e, facendo attenzione si può sentire il respiro del manufatto storico che era stato imbavagliato per anni. La superficie muraria trattata con questo materiale non presenta differenze cromatiche di sorta e ciò contribuisce ad ottenere un caratteristico effetto “nuovo” alla superficie trattata. Forse per questo è ritenuto “irresistibile” e ricopre con la sua coltre sintetica oltre il 60% dei manufatti storici delle città italiane. Avete capito bene il 60.  L’empatia con la plastica dev’essere la ragione del suo incredibile successo, poiché non è attribuibile a ragioni economiche, è un materiale di facile utilizzo ma per nulla economico, anzi può raggiungere costi importanti. Dal mio punto di vista ritengo che si tratti di un fenomeno dai risvolti antropologici con palesi ricadute sul paesaggio, un fenomeno da studiare. Chissà mai che si trovi una cura!   Ovviamente è altamente controindicato per i manufatti storici

Dopo aver elencato le più diffuse tipologie d’intonaco ed averne individuato la compatibilità o meno con il manufatto storico, ci si può addentrare nel merito delle modalità compatibili al concetto di restauro, mi spiegherò meglio. Vorrei indagare proprio  in modo semplice e schematico quella sottile linea di demarcazione che si trova tra il restauro di superfici decorate dell’architettura e l’edilizia.

Al fine di applicare delle modalità conservative non basta individuare l’intonaco corretto da utilizzarsi su un dato manufatto, ma si rende necessario applicare tutte le procedure di un vero e proprio restauro. Spesso infatti passano sotto la denominazione di “restauro” azioni che nulla hanno a che vedere. Nello specifico elencherò alcune fasi di lavorazione che passano erroneamente per conservative:

Demolire tutti gli intonaci di un palazzo, antichi, di evoluzione stilistica e recenti  e sostituiti con nuovi, seppur compatibili NON È CONSERVAZIONE E NEPPURE RESTAURO

Ricoprire gli intonaci di finitura antichi con intonaci nuovi, seppur compatibili NON È RESTAURO

Le demolizioni sono compatibili con il restauro solo quando interessano la rimozione di un intonaco incongruo e dannoso per il manufatto (tipo intonaco cementizio)

Il restauro è conservare gli intonaci antichi e storicizzati ed integrarli nelle loro parti mancanti, infine, se sarà necessario si potranno armonizzare dal punto di vista cromatico. TUTTO IL RESTO È EDILIZIA!

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo

13 commenti
  1. patrizia gioia
    patrizia gioia dice:

    I tuoi articoli sono sempre molto interessanti. Non sono una restauratrice ma mi piace documentarmi sugli inerti e le malte. Non si finisce mai di imparare e questa e’ la cosa piu’ bella.
    Grazie

    Rispondi
    • Silvia
      Silvia dice:

      Grazie Patrizia, è molto bello che tu ti documenti anche da non addetta ai lavori. Penso che se vi fosse più informazione sui materiali vi sarebbe una migliore conservazione degli edifici storici

  2. Ignazio Lambertini
    Ignazio Lambertini dice:

    Buonasera, sono un restauratore ed architetto. Brava a promulgare certi saperi, repetita iuvant! regna molta ignoranza a proposito dei leganti.. la calce, quella vera, la conoscono in pochi…senza parlare di additivi, spesso inutili e addirittura controproducenti! volevo però rilevare due scorrettezze: NHL sta per “natural hydraulic lime” e non “lafarge” che è un noto marchio di una buona calce idraulica. E il valore di resistenza a compressione è espresso in mega Pascal, dunque 3.5 sta per 3,5 Newton per millimetro quadrato, dunque circa 35 Kg per centimetro quadrato, non 3,5! Complimenti ancora per la divulgazione della materia, cordiali saluti, Ignazio Lambertini

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  3. Leo
    Leo dice:

    Complimenti per l’impegno e le linee di supporto. Parlare di calce significa parlare di storia e a dirla tutta di arte..Mi occupo di progettazione e ristrutturazione di edifici privati di contesto d’epoca, pertanto non posso esulare da certi tipi di materiali. Concordo con la precisazione del collega e ringrazio lui per l’intervento .

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  4. Giorgio Umiltà
    Giorgio Umiltà dice:

    Estremamente interessante e profondo. Mi ha chiarito le idee su molti materiali fortemente sponsorizzati.

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