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Restauro – Esercizio di osservazione 1

Il campo del restauro, come tutti gli adepti sanno, è vasto e multiforme ed è veramente difficile poterlo contenere in semplici definizioni o parametri.

 Molto frequentemente viviamo di stereotipi, ma è normale, la mente umana ha necessità di schematizzare e paragonare per comprendere. Credo che il modo più semplice per comprendere gli aspetti più complessi del restauro sia proprio il paragone e da quello passare ad un osservazione più profonda, una catalogazione delle similitudini e delle differenze per giungere infine alla comprensione e all’analisi di un manufatto o opera d’arte. E’ un sistema complesso di conoscenze e raffronti che si incrociano. Domande che generano altre domande. Risposte o indizi che inviano a periodi storici o luoghi. Non è semplice ma vorrei provare a parlarne

 Il dipinto che tanto amiamo, come è fatto? Da quali materiali è composto? Quali tecniche sono state utilizzate? Quando? Dove? Queste sono le domande giuste per approcciarsi al mondo del restauro. Perché prima di agire ed intervenire sull’opera d’arte con  tecniche che si possono apprendere agevolmente in qualsiasi corso o su qualsiasi testo di restauro,  è fondamentale comprenderne l’essenza. Senza questo passaggio il mondo del restauro resterà precluso.

Vorrei   fare degli esempi, per step, che aiutino ad entrare nel campo del restauro

Ho pensato di descrivere alcuni esercizi utili o propedeutici alla conoscenza delle opere, chi non si occuperà di restauro potrà comunque utilizzarli per comprendere un’opera d’arte, arredare una casa, acquistare un oggetto di antiquariato e molto altro

 

Il primo passo e quindi il primo esercizio consiste nell’osservazione della materia e il suo riconoscimento

Intonaco antico di malta di calce idrata con tracce di colore ocra gialla

Pietra arenaria gialla

Granito rosa

Cemento portland

Lacerto di dipinto a fresco su intonaco di calce idrata

Saper riconoscere un materiale, utilizzando i semplici sensi a nostra disposizione come vista e  tatto non è sempre facile e scontato come potrebbe apparire. Quando poi si tratta di opere di grande valore il tatto va escluso dalle possibilità d’indagine e resta la sola osservazione

Quell’immagine che ci è capitato di osservare è dipinta o stampata? Si tratta di colore ad olio, a tempera, acrilico o inchiostro da serigrafia? . E il supporto? Su cosa è stato realizzato; tela, tavola, cartone o materiale sintetico?

La cornice della finestra di casa mia è di pietra, di marmo, di intonaco modanato oppure di un conglomerato artificiale tipo graniglia?

Vi lascio con questa riflessione sui materiali, al prossimo articolo altri dettagli e qualche segreto sul riconoscimento della materia

 

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SilviaContiRestauroConservativo

Il nodo del Restauro – Gli errori del committente

Questo articolo, è il secondo di una serie dedicato al committente dei lavori di restauro, in questo secondo scritto parlerò specificamente dei più comuni  errori  nei quali incappa il committente sia esso privato che pubblico quando affronta un problema o un lavoro inerente il restauro

 

 1 – Il primo e più comune errore che il committente  privato compie è di fatto un sentimento, il timore nei confronti professionista del restauro. Questi mitologici streghe o stregoni che vivono nelle grotte (dipinte) e che parlano un idioma saccente e incomprensibile. È bene sfatare questo mito, un bene per i restauratori, per il committente e sopratutto per l’opera da restaurare. Poiché in alternativa il committente privato finisce per rivolgersi a praticoni più o meno improvvisati a danno del suo portafoglio ed ovviamente dell’opera. Si perché l’amico dell’amico che fa tutt’altro ma che certo sarà in grado di restaurare … nella maggior parte dei casi non è neppure economico!

 2- Il più comune errore che compie il committente pubblico sta a monte del restauro stesso, si trova in fase progettuale e forse prima ancora in quella ideativa dell’intervento. Quando si pensa che il restauratore non serva e si demanda tutto al progettista incaricato. In questi casi, se il progettista non è abbastanza avveduto di recuperare un restauratore per suo conto, si trovano computi metrici improbabili trasposti pari pari dai prezzerai edili con voci e materiali inutilizzabili nella realtà di un restauro conservativo. In seguito a ciò si generano spesso situazioni ingestibili tra appaltatori, direzione lavori, Soprintendenze e committenti. Dei temibili guazzabugli di difficilissima risoluzione

 3 – L’errore più diffuso nei casi in cui il committente sia uno studio di progettazione è strettamente legata ad un’antica percezione che certi studi di progettazione hanno di se, quella di dover essere in grado di fare tutto, anche quello che non conoscono . E, qualora si rendano conto di avere qualche lacuna in campo del restauro … pensano di risolvere brillantemente il “gap” chiedendo un preventivo ad una ditta di restauro, proponendo il lavoro che stanno progettando senza specificare nulla, nemmeno le fasi di lavorazione previste. La ditta, ignara, formula la sua offerta al ribasso, che è frutto di un idea personale  e non riferita ad un progetto predefinito . Il professionista piglia l’offerta o preventivo e lo mette pari pari nel computo metrico. Sul quale verrà chiesto a malcapitati restauratori, normalmente altri malcapitati rispetto al primo, un offerta al ribasso. Questa è la modalità per fare una gran confusione e ottenere  prezzi da strozzini. E alla fine la ditta che fa il lavoro la si trova, ma farà ben meno e probabilmente ben peggio di quanto ci si dovrebbe aspettare.

 4 – Altro errore molto diffuso in caso di restauro architettonico consiste nel chiamare il restauratore quando tutti i professionisti e artigiani sono già intervenuti, come si farebbe in caso di un dipinto su tela o di un oggetto prezioso. Poniamo che l’oggetto di restauro sia la bifora piuttosto che la fascia sotto gronda o il lacerto di affresco di una facciata . Quando si procede in questo modo solitamente il risultato finale  è slegato disarticolato e l’elemento oggetto di restauro un francobollo nel vasto mare dell’edilizia comune. È di fatto probabile che il restauratore debba intervenire verso la fine dei lavori ma l’opportunità  di coinvolgerlo sin da subito potrebbe aiutare ad affrontare l’intero intervento con maggiore organicità e rispetto per l’intero manufatto.

 5 – un diffusissimo errore della committenza consiste nel confondere il progetto di restauro con il preventivo di restauro.  In realtà sono due atti professionali distinti e l’uno non sostituisce l’altro! Il progetto è uno studio accurato del manufatto da restaurare, il più oggettivo possibile,  correlato di una proposta d’intervento. Il preventivo è di fatto un offerta economica per realizzare quel dato intervento, ed ha la caratteristica di essere del tutto soggettivo. Il problema che sorge immediatamente agli occhi del committente  è che il progetto ha un costo mentre il preventivo è  gratuito. Così  molti committenti si chiedono; perché mai scegliere il primo quando va benissimo il secondo e più economico? Bene, sappiate che alla base di questa scelta si trovano molti degli insuccessi dei progetti presentati alle Soprintendenze di tutta Italia

Vi chiedete quale sia la soluzione a questi cinque errori? In realtà è molto semplice; consiste nel parlare con i professionisti del restauro, coinvolgerli nelle scelte. Creare dei gruppi di lavoro con più figure professionali, dove ognuno apporta le proprie competenze. Non abbiate paura dell’aspetto economico, parlatene preventivamente e una via condivisa  si troverà!

 

Questa è la seconda parte dei consigli per i committenti del restauro … a presto le prossime puntate

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SilviaContiRestauroConservativo

Il nodo del Restauro – Vademecum per il committente 1

In questo articolo, anziché parlare da restauratrice per restauratori proverò a parlare da restauratrice per i committenti del restauro. Ho provato a mettermi dall’altra parte, dalla parte del committente e, devo ammettere, il panorama è tutt’altro che semplice.

Ho verificato che non dev’essere cosa facile affacciarsi alla selva degli adempimenti richiesti in caso di restauro da “non addetto ai lavori” e, in caso di manufatto non sottoposto a vincolo dev’essere comunque un bel guaio approcciarsi alla scelta tra la selva di professionisti … e non. Scegliere chi possa fare al caso proprio  e soprattutto distinguere e scegliere tra un intervento conservativo da un intervento mascherato da restauro. E questo vale sia per il committente privato che per lo studio di progettazione. Un vero e proprio nodo da districare

La via del restauro appare la più tortuosa soprattutto se raffrontata a quegli interventi molto diffusi e che mostrano sempre il loro lato “fast & cip”: una settimana e la tua casa splenderà come nuova, niente polvere, niente autorizzazioni, pochi soldi … che altro si potrà mai desiderare ?! Ma la realtà dei fatti è piuttosto distante anche dagli interventi veloci e indolori che normalmente tendono a mostrare l’altra faccia della medaglia entro breve tempo

Proverò a dare dei semplici spunti  affinché chi si approccia in qualità di committente, alla disciplina del restauro, possa distinguere e scegliere più agevolmente 

Le priorità: In primo luogo è utile stendere un elenco di priorità. Analizzare ciò  che si vuole restaurare  in relazione alle altre azioni necessarie o circostanti. Mi spiego meglio, ad esempio la parte di restauro di una facciata nel complesso di un a ristrutturazione più ampia, oppure il restauro del libro storico in relazione ad altre spese necessarie per l’adeguamento degli spazi circostanti. Quindi collocare il restauro desiderato in un elenco di priorità. Stendere un elenco da 1 a 10 e compilarlo. Se il vostro restauro sta tra la posizione 7 e 10, lasciate perdere. Se lo collocherete  tra il 4 ed il 6 potete pensare di affrontare l’avventura. Se il restauro sta tra le prime tre posizioni … non attendete oltre, cominciate a cercare i professionisti!

Fermi! Se temete di non avere fondi sufficienti per realizzare un restauro evitate gli interventi sostitutivi. Del tipo : “chiamo il muratore, l’imbianchino o il falegname anziché il restauratore”… piuttosto di fare male non fate nulla! Oppure scegliete un intervento di messa in sicurezza e attendete tempi migliori. Un qualsiasi intervento inadeguato potrebbe compromettere per sempre il vostro bene storico

I costi: Spesso il restauro conservativo costa meno di quanto non si possa immaginare,  semplicemente non lo si considera una priorità.  Proverò a fare un esempio, mentre ognuno è tranquillamente preparato a spendere decine di migliaia di euro per l’adeguamento di un impianto elettrico o la nuova serranda del garage e non si stupirà certo delle richieste connesse a tali lavori. Salterà sulla sedia non appena il restauratore del legno chiederà un paio di migliaia di euro per il restauro della cassapanca della nonna. Eppure basterebbe abituarsi all’idea del restauro come un atto dovuto agli oggetti che amiamo, che richiede tempo, materiali e competenze e che si, per loro natura hanno un costo!

I professionisti: Nel restauro come in tutte le altre discipline esistono dei professionisti che per giunta possono avere specializzazioni a seconda del bene materiale di cui si occupano. Potrete trovare specialisti dei dipinti e quelli della carta, quelli del legno, degli intonaci, della pietra, dei metalli e così via. Ma spesso pare una disciplina unica, confusa, vagamente nebulosa e molto distante dalla realtà. Per questo motivo si tende a cercare il “sostituto” del restauratore in una figura che paia più gestibile e alla portata di tutti. Il sostituto può essere il falegname … “così bravo che può restaurare” o l’orologiaio che potrà certo dare una lucidata all’antico pendolo di casa, e così via. Ma queste scelte, seppur rassicuranti in prima istanza, potrebbero rivelarsi il passo falso che genererà di seguito  problemi di conservazione dei manufatti artistici. Letto per esteso è un pensiero che pare assurdo, nella stessa misura in cui nessuno dotato di senno, farebbe sistemare la caldaia da un muratore o il tetto all’elettricista. Tuttavia  si rileva come persistente, un affannoso e diffuso tentativo di trovare i sostituti ai professionisti del restauro soprattutto tra i privati ed i progettisti che lavorano per i privati.

Così per gioco provate a cercare i professionisti, parlategli chiaramente delle problematiche, si sa mai che si trovino  delle inaspettate soluzioni nonché delle piacevoli sorprese!

 

Questa è la prima parte dei consigli per i committenti del restauro … a presto le prossime puntate

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SilviaContiRestauroConservativo

Restauro – Elogio della complessità

Ogni giorno viviamo vite complicate, in società complesse dove ogni evento ne genera altri dove ogni adempimento ne prevede consequenzialmente altri, collegati, generati o concatenati che siano.

Non troviamo il tempo per il pensiero creativo  perché la priorità va data ai pensieri banali di sopravvivenza, quelli che generano ansia per partenogenesi,   eccone un esempio: “entro il 32 di dicembre vanno presentati i modelli F91, G45 ed M99: Al fine di presentare il modello M99 vanno precedentemente compilati gli allegati ae e oa. Che,  come tutti sanno,  devono essere presentati entro il sesto mese dell’anno precedente l’ultimo anno di riferimento. Possono essere presentati per invio telematico previa iscrizione, a pagamento, alle tre piattaforme info pratiche. Per i modelli F91 e G45, munitevi di lente d’ingrandimento e leggete le note a piè pagina e se non riuscite sarete sanzionati. Chiaro no!”

Per porre rimedio alle complicanze della vite complicate, vuoi per sopravvivenza vuoi per la pia illusione di fornire un servizio, esistono una moltitudine di strumenti di semplificazione: , associazioni, assicurazioni, commercialisti, startup, piattaforme, eccetera, eccetera.

Ma …lasciate ogni speranza o voi che entrate! Entro breve tempo, questi strumenti di semplificazione, diverranno a loro volta fonte di ulteriore complicazione.

Per ognuno di questi strumenti di semplificazione vi verranno chieste, iscrizioni,  adempimenti entro il, non oltre il, ma solo dal. Una rete di servizi dei quali non potremmo fare a meno ma dei quali non potremo liberarci.

Solo la politica si carica di banalizzazioni, semplifica e “rende tutto facile”, ma questa è un’altra storia.

Cosa c’entra il restauro con tutto ciò? Il restauro c’entra , sempre!

 Già, perché il restauro con la complicazioni ci sguazza. Il restauro è una disciplina complicata per definizione.

Chi pratica la professione del restauro sa cos’è la complessità, ci va a nozze. L’alta soglia di attenzione, le fasi e le priorità da seguire con cura; desalinizzare prima di consolidare, consolidare prima di stuccare, far rigonfiare la colletta prima di scaldare,  analizzare, stabilire le percentuali in base alle varianti … ecc, ecc

Ecco, chi si occupa di restauro con la complessità non ha problemi. Calcolare le variabili, mettere in sicurezza, mantenere la massima soglia di attenzione, garantire l’applicazione di ogni regola, trattenere il respiro ad ogni fase, è cosa di ogni giorno

Non teme neppure il fallimento, perché a volte accade che dopo aver applicato tutte le regole, aver congetturato ogni probabilità, l’opera d’arte ti faccia capire che, no, non ci avevi azzeccato e quella pulitura non funziona completamente, quel consolidamento non è del tutto efficace. E allora via daccapo con pazienza e “attrezzi” rimediati da altre discipline a provare a risolvere i rompicapi che i manufatti antichi si divertono a sottoporci ogni giorno

Chi si occupa di restauro non teme le complicazioni e le discipline rigorose ma non può rinunciare al pensiero profondo, alla riflessione. Analizzare, studiare  questa fase propedeutica e formativa dell’osservazione del manufatto, delle ipotesi,  della comprensione delle circostanze storiche.

 Il restauratore convive tranquillamente con la vita complicata, se solo non ci togliesse il tempo di respirare, di riflettere e di ammirare

Ammirare con il naso in su le guglie di una chiesa, sfiorare una scultura, toccare un intonaco Ma, quando ti fermerai per ammirare un opera, un dettaglio, troverai subito qualcuno che interrompe il tuo momento mistico per venderti un abbonamento ad una fantomatica piattaforma informatica o un opera benefica

 Gli aspetti complicati di ogni evento sono il sale della vita, uno stimolo alla risoluzione dei problemi, una modalità per allenare l’intelletto. Le “cose semplici” non esistono, neppure in natura, chiedete ad un sasso quante ere geologiche ha vissuto per divenire tale e quanta chimica e fisica racchiude in se.

Esiste la banalizzazione dei sistemi complessi, ma questa è un’illusione!

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SilviaContiRestauroConservativo

I simboli nell’arte – Il nodo Gordiano

In questo articolo vorrei parlare di uno dei simboli che popolano le raffigurazioni artistiche, il nodo Gordiano

È un elemento di estremo interesse, che spesso, proprio per le sue caratteristiche estetiche, si maschera tra gli apparati decorativi di contorno, quasi fosse un motivo ricorrente, come tanti altri.

In realtà il nodo di Gordio ha una storia antichissima e dei significati profondi che, a seconda dei periodi storici, hanno assunto specifiche inclinazioni semiotiche. Per questo quando ne vediamo alcuni nelle raffigurazioni è utile pensare al contesto storico e sociale e provare a capirne il significato profondo. I simboli che permeano le opere d’arte costituiscono un universo parallelo di messaggi  più o meno reconditi

Iniziando dalla mitologia, Gordio era un Re della Frigia, ma prima di essere re, la leggenda vuole che fosse un contadino  a cui Zeus, sotto forma di oracolo di Sabazio, posandosi sul suo aratro nelle forme di un’aquila diede un segno (segnale). Lo stesso Oracolo anni dopo, indicò alla città rimasta sguarnita di Re di eleggere il primo uomo che accedesse al tempio con un carro. Gordio arrivò con il carro e fu Re!

Fondò una città con il suo nome. Il suo carro rimase legato all’acropoli con un  nodo impossibile da districare. Tant’è che il mito dice che chiunque fosse riuscito a sciogliere tale nodo sarebbe divenuto dominatore dell’Asia. Tutti sanno che vi riuscì Alessandro Magno nel 333 a.c. che risolse il problema recidendo nettamente con la spada l’indistricabile nodo di Gordio.

 (immagine Sala espositiva neogotica della Galleria Accademia di Belle Arti Tadini)

Il  nodo Gordiano, come accennato sopra, assume nel tempo significati diversi seppur tutti vicini al concetto primordiale di legame. Inizialmente il nodo indistricabile viene declinato nella raffigurazione della situazione irrisolvibile, se non in modo cruento e deciso come un colpo di spada.

Ma è facile pensare a come il nodo indistricabile di Gordio abbia assunto significati  di unione indissolubile, di forza e resistenza. Utilizzato da re e potenti, da corporazioni, religioni sino alle confraternite e perfettamente calzante alla simbologia massonica di tutti i tempi.

Lo troviamo come espressione simbolica di ogni cultura, in ogni latitudine; dai Greci ai Celti, dall’oriente all’occidente

Il nodo Gordiano varia nel tempo anche dal punto di vista della raffigurazione partendo dal più semplice trilobato, che ricorda i brezen, sino a quelli multipli e più complessi

Così quando capita di osservare un’opera d’arte che sia essa una partitura decorativa a fresco, un mosaico, una scultura o una stampa e scorgete un decoro annodato come il nodo Gordiano, proviamo a pensare al contesto, ai committenti, oppure all’artista, alla confraternita che eventualmente lo sosteneva e forse avrete qualche indizio utile per ricostruire dei significati che i simboli ci mettono davanti agli occhi ma in modo che vengano compresi solo da coloro i quali avranno gli strumenti per comprenderne il significato recondito.

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SilviaContiRestauroConservativo

Restauro e datazioni, quali connessioni

Il restauro, come accade di ripetere spesso, è una fase di studio imprescindibile per l’opera d’arte, un occasione unica di vedere, analizzare ed approfondire i dettagli tecnici

Le datazioni delle opere, come ben sappiamo, sono un campo specifico di pertinenza della storia dell’arte. Esse possono avere un origine documentale, ovvero essere supportate da fonti documentali oppure desunte da analisi stilistica e queste sono le più diffuse, perché riguardano quelle opere che hanno goduto di scarsa fortuna critica o comunque le  meno studiate negli anni

Il punto di analisi  di questo articolo è come possa il restauro contribuire alla raccolta dei dati utili a pervenire ad una datazione

In realtà la fase di restauro può contribuire in maniera concreta alla definizione di una datazione di un opera seguendo i tre seguenti punti di studio

1 – Analisi dei materiali anche con il supporto delle indagini diagnostiche. Infatti dal tipo di pigmento utilizzato, oppure dalla dimensione e dalla trama della tela di un dipinto o dell’essenza del legno di una scultura o ancora dal tipo di mestica utilizzata  si possono trarre molti indizi estremamente utili alla datazione

2 – Rinvenimento di dettagli quali firme, foglietti scritte, tipologia dei chiodi, ecc

3 -Analisi e studio della tecnica artistica, anche la tecnica artistica è spesso legata ad un periodo o ad un area geografica ed analizzarla con cura può fornire molti dati utili

Chiaramente l’esperienza personale e il bagaglio culturale di ogni singolo professionista, la capacità di riconoscere ed interpretare i segni  e le tracce nella materia delle opere sono di grande importanza, così come la specifica esperienza sulle opere di un dato artista o di una specifica area geografica può influire ulteriormente alla datazione di un opera

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SilviaContiRestauroConservativo

 

I segreti della luce radente nel restauro

Chiunque si occupi di restauro conosce perfettamente i segreti della luce radente

Si tratta di un semplicissimo procedimento che si utilizza in fase di analisi dell’opera per valutarne lo stato di conservazione, per sondarne i dettagli e gli eventuali segreti.

Consiste nel porre una luce radente rispetto alla superficie  dell’opera sia essa un dipinto su tela, un affresco, una scagliola policroma, un intonaco o altro ancora

La superficie dell’opera d’arte a luce radente si spoglia di molte delle apparenze tipiche dell’illusione ottica e ci mostra la superficie della materia da un nuovo punto di vista.

Anche per gli addetti ai lavori analizzare una superficie dipinta a luce radente riserva  spesso sorprese inaspettate.

La visione si scompone immediatamente in un volume che era negato dal valore semantico del dipinto e ci svela le tracce della sua storia.

A luce radente possiamo analizzare la trama di una tela ed i punti di giunzione tra le patte

Un affresco visto a luce radente ci può mostrare i distacchi della superficie pittorica e dell’intonaco, le tracce dei ferri utilizzati per lisciare la superficie, tracce di chiodo o spolvero, le parti di intonaco risarcite o integrate e, qualche volta i ritocchi

La superficie di una scultura  in bronzo  o in terracotta ci può mostrare i punti di assemblaggio tra le porzioni scultoree

Per le superfici intonacate ci aiuta a stabilire i livelli, le sovrapposizioni e gli eventuali danni da distaccamento degli intonaci

Insomma la luce radente è un alleato fedelissimo per chi ama analizzare e comprendere  l’arte

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SilviaContiRestauroConservativo

 

La poetica del muro scrostato 2, l’analisi

“la poetica del muro scrostato 2, l’analisi”

Il muro scrostato è poesia per il restauratore, racchiude tutta la storia e le stratificazioni di un edificio storico e la sua lettura è un esercizio professionale, una lezione di storia, tecnica dei materiali ed antropologia culturale

  • Storia perché gli strati di intonaco sono stati eseguiti periodi diversi e di quei periodi storici ci raccontano i dettagli
  • Tecnica perché gli intonaci stratificati in epoche diverse seguono composizioni e tecniche diverse, seppur affini tra loro
  • Antropologia culturale perché ogni strato d’intonaco riflette il pensiero ed il comportamento dell’uomo in un dato periodo storico

Ecco ad esempio una lettura di una stratificazione di un intonaco sulla parete di un’antica torre. Il luogo è impervio eppure di uomini dotati di malta e cazzuole ve ne sono stati… parecchi

Ove vi sono cadute di tale entità è possibile leggere in senso stratigrafico un intonaco, esattamente come fosse un libro di storia

Un dato interessante è notare il comportamento diverso di due intonaci apparentemente identici, quello ottocentesco e quello della seconda metà del ‘900

queste le stratificazioni e mentre penso, mi godo il panorama

  

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SilviaContiRestauroConservativo

 

la poetica del muro scrostato

Nell’accezione più normale e consona ai nostri tempi, la vista di un muro scrostato genera una sensazione di incuria e degrado, quasi di pudore di fronte alla manifesta decadenza.

Per i restauratori no. Il muro scrostato è una finestra sulla storia

Un lampo di interesse alla sola vista

Se poi tra gli strati degli intonaci decadenti si dovesse  intravedere qualche malta antica, qualche policromia, ecco che l’interesse si tramuta in gioia infantile mista ad un desiderio irrefrenabile di metterci mano, di tuffarvisi, di scoprire un pezzo in più, per vedere, comprendere e capire.

Da questa deformazione professionale, presumibilmente, sono nati i saggi stratigrafici, che nella percezione scientifica sono finalizzati a sondare la stratificazione storica degli intonaci e  nella percezione antropologica a dare una gioia ai restauratori

Uno degli aspetti più divertenti del mio lavoro

Sulle pareti di un qualsiasi edificio storico, tra gli strati di malte, stucchi e colori, si possono cercare tracce di stili, frammenti di vita. Si può capire quale fosse il colore e quindi il gusto di un dato periodo storico, si possono trovare firme incise secoli or sono.

Si può dedurre la tecnica costruttiva di un edificio.

Si possono comprendere le provenienze dei materiali e la loro modalità d’impiego. Possiamo persino capire con quale frequenza veniva tinteggiato un manufatto e, se siamo fortunati, possiamo trovare un affresco o un decoro … il nostro santo graal!

Testi e immagini Dott.ssaSilviaConti©Restauro Conservativo 

In the most normal sense of our times, the sight of a scruffy wall causes a feeling of incurability and degradation, almost modest for that manifest decay.

Not for restorers. The riddled wall is a window on history

A flash of interest at the sight alone

If some of the plasteres were to glimpse some ancient mortar, some polychromes shift interest into mixed childhood joys to an irrepressible desire, to find out more, to understand, to understand.

From this professional deformation, presumably, the stratigraphic essays were born, which in the scientific perception are intended to probe the historical stratification of the plaster and anthropological perception to give joy to the restorers

One of the funniest things about my work

On the walls of any historic building, among the layers of mortar, you can look for traces of styles, fragments of life. You can understand what the color of a given historical period is, you can find signs engraved centuries before. One can deduce the construction technique of a building.

You can understand the origin of materials and how they are used. If we are lucky we can find a fresco or a decoration, that is our holy grail!

Elementi di portfolio