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I segreti della luce radente nel restauro

Chiunque si occupi di restauro conosce perfettamente i segreti della luce radente

Si tratta di un semplicissimo procedimento che si utilizza in fase di analisi dell’opera per valutarne lo stato di conservazione, per sondarne i dettagli e gli eventuali segreti.

Consiste nel porre una luce radente rispetto alla superficie  dell’opera sia essa un dipinto su tela, un affresco, una scagliola policroma, un intonaco o altro ancora

La superficie dell’opera d’arte a luce radente si spoglia di molte delle apparenze tipiche dell’illusione ottica e ci mostra la superficie della materia da un nuovo punto di vista.

Anche per gli addetti ai lavori analizzare una superficie dipinta a luce radente riserva  spesso sorprese inaspettate.

La visione si scompone immediatamente in un volume che era negato dal valore semantico del dipinto e ci svela le tracce della sua storia.

A luce radente possiamo analizzare la trama di una tela ed i punti di giunzione tra le patte

Un affresco visto a luce radente ci può mostrare i distacchi della superficie pittorica e dell’intonaco, le tracce dei ferri utilizzati per lisciare la superficie, tracce di chiodo o spolvero, le parti di intonaco risarcite o integrate e, qualche volta i ritocchi

La superficie di una scultura  in bronzo  o in terracotta ci può mostrare i punti di assemblaggio tra le porzioni scultoree

Per le superfici intonacate ci aiuta a stabilire i livelli, le sovrapposizioni e gli eventuali danni da distaccamento degli intonaci

Insomma la luce radente è un alleato fedelissimo per chi ama analizzare e comprendere  l’arte

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Cronaca del saggio stratigrafico

Cosa vedono i miei occhi!?

cosa vedono i restauratori quando salgono un ponteggio, non ci crederete ma vedono cose diverse da quelle che osserverebbero altre persone, altri professionisti

Sbuchi dalla botola e … Oddio il quadrante è completamente rifatto, ma tu guarda e seguono una miriade di brontolii, ma vi pareva il caso di arrivare fin quassù con le vostre malte pre miscelate del cavolo. Avrete fatto anche fatica, sapete che c’è? Ve la potevate risparmiare!

Poi annusiamo, auscultiamo, tastiamo e bussiamo la parete come un segugio, fino a quando ci convinciamo del punto giusto per eseguire il saggio stratigrafico, ecco qui, esattamente qui!

Poi ci giriamo, accidenti, carino da quassù guarda che bel panorama, ciaooo!

Vedi il video panoramico

Ok, non perdiamo tempo, questo è il punto giusto, voglio analizzare questo punto, fammi capire come è stato fatto questo intonaco, chissà che non vi sia qualcosa di decente li sotto.

E si parte con bisturi spatole e piccoli scalpelli, tic, tic, sgratt, garatt.

Accidenti a voi, pure la rete e la colla per piatrelle avete messo, sotto alla pre miscelata… e via con altri improperi e brontolii vari

Nove centimetri, nove centimetri di cemento, con l’aggiunta di una rete da pollaio e la sotto un povero intonaco tardo quattrocentesco langue, questa è insensibilità! Infami!

Quando il cemento supera i 4 centimetri il restauratore sbrocca ed i brontolii divengono mugugni e l’aria diviene truce.

Ok ricomponiamoci, prendiamo gli appunti per la relazione, mi raccomando fredda, distaccata, professionale. Et voilà il saggio stratigrafico è fatto!

Sorridi

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Atti vandalici e segnali di vita

In questo articolo vorrei parlare degli atti vandalici e della loro trasformazione nel tempo

Ognuno di noi ha ben chiaro cosa siano quegli atti vandalici sui monumenti, quelle scritte urlanti che feriscono alla sola vista ogni essere umano dotato di senno. La  normativa per l’individuazione dei danni sui beni culturali li definisce atti antropici o vandalici e, non vi sono dubbi interpretativi, vanno rimossi!

Scritte, incisioni, distacchi e lesioni alle  quali il restauratore è chiamato a porre rimedio.

Uno dei lavori più odiosi per il restauratore, che solleva brontolii e predicozzi ad ogni fase di lavorazione e, mentre sfodera tutti i materiali della tavola periodica degli elementi, per provare a rimuovere quelle tracce, regolarmente si chiede ma perché lo fanno e perché proprio su di un manufatto storico

In effetti le medesime scritte realizzate sotto ai ponti dei cavalcavia o nelle periferie ci comunicano stati d’animo diversi, se il graffito è bello esteticamente lo osserviamo con la dignità che si concede ad un opera d’arte contemporanea, ma sui beni storici no, è intollerabile. E forse la risposta alla motivazione di tali gesti  risiede proprio in questo è una provocazione forte, un’insulto, e come tale viene recepito

Va però analizzato che gli atti antropici o vandalici sui manufatti storico artistici sono un fatto costante nel tempo, sono sempre avvenuti, lo dimostrano chiaramente certe scritte tra le rovine di Pompei

La differenza sta nelle tecniche, gli atti vandalici antichi giunti sino a noi sono per lo più delle incisioni, su pietra, intonaco, legno o altro materiale. Altra differenza sta nel diverso garbo con cui sono realizzate scritte firme e date, una forma di pudore che li hanno resi semi invisibili o comunque tollerabili alla vista affinché giungessero sino a noi. Forse diversa era la motivazione dell’atto vandalico non una provocazione o un insulto ma piuttosto una testimonianza di se in un luogo ritenuto importante. Una sorta di “io c’ero”

Di fronte a questi atti vandalici ricoperti dallo strato nobilitante della storia il nostro atteggiamento cambia completamente, li osserviamo con attenzione e trasporto cercando di leggere firme e date, ma non solo l’atteggiamento del comune osservatore cambia, cambia anche la normativa sulla conservazione che contempla la tutela e la conservazione della scritta e dell’incisione storicizzata

Perché mai? Si potrebbe chiedere qualcuno. Molto semplice perché quelle scritte divengono documento, ci danno informazioni quindi assumono un valore documentale per la lettura e la conoscenza della storia di un dato bene, lo stesso su cui sono state realizzate

Gli atti antropici antichi divengono tracce vitali da conservare poiché hanno assunto una valenza storica ed antropologica. La conservazione di incisioni, firme e  date storicizzate sui manufatti storici è uno di quei fattori che possono apparire incomprensibili a chi non è del settore ma che rendono intellettualmente evoluto l’atto della conservazione

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SilviaContiRestauroConservativo

 

 

Analisi dei danni – ridipinture 2

In questo articolo, fatte salve le premesse descritte nel primo articolo sulle ridipinture, analizzerò un caso  di una policromia di una scultura lignea ripresa con colori a corpo.

Va detto che le sculture lignee e le opere mobili policrome in genere sono quelle più soggette in assoluto alla sovrammissione di strati di colore a corpo che riprendono più o meno fedelmente i colori sottostanti. Chiunque si occupi in qualche misura di beni culturali, non può non aver costatato questo dato .

Tale consuetudine è probabilmente dettata dalla maggiore facilità, da parte di chi gestisce dette opere, siano essi privati o enti ecclesiastici, di ovviare alla pulitura del manufatto con uno strato di nuova vernice … più veloce, più economico e non servono specialisti. Mentre per dipinti su tela o murali vi è una qualche remora, in caso di scultura policroma, non resistono alla tentazione  e se non siamo di fronte ad un opera di altissimo valore artistico, custodita in un museo, possiamo stare certi di trovare strati di colore a corpo, che l’hanno ripresa anche più volte in un centinaio di anni.  La situazione  peggiora e gli strati si moltiplicano se la scultura in questione ha una valenza devozionale. Non so se sia per ingraziarsi il Santo in questione ma i suoi fedeli sono sempre prodighi di nuovissimi barattoli di vernice!

Il caso che intendo analizzare è una scultura lignea policroma raffigurante san Rocco.

Le ridipinture in questo caso riguardano il manto, il bastone, l’abito ed  il volto, mentre la parte bassa dell’opera pare preservata da tale intervento.

Sul manto le due conchiglie del pellegrino di colore marrone, così come la cintura sono porporina ossidata. Il  colore nero è uno smalto relativamente recente, probabilmente sintetico, mentre le ridipinture del  mantello rosso ed abito verde, risalgono alla prima metà del ‘900, si tratta presumibilmente  di uno smalto all’olio. Vista la consistenza e la lucentezza.

Il piccolo cane ai piedi  è stato parzialmente risparmiato, così come l’incarnato della gamba del Santo, che conserva una qualità pittorica molto interessante e che potrà costituire un parametro per la conduzione dell’intervento.

Riconoscere le porzioni ridipinte da quelle conservatesi è di assoluta importanza al fine di calibrare con cautela l’intervento di pulitura delle superfici policrome.

A volte è difficile intravedere sotto agli strati di colore la qualità scultorea dell’opera, che essendo policroma, ha sin dalla sua ideazione un interazione molto importante tra volumi e colore. Equilibrio da tenere sempre presente durante il restauro.

 

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SilviaContiRestauroConservativo

 

analisi dei pigmenti

dettaglio di pennellata – brushstrokes detail

I like to see distant landscapes lost in the tiny details of a work of art

analisi dei pigmenti

Dettaglio di un dipinto a fresco di area Lombarda della prima metà dell’800

Il supporto è un intonaco di calce idrata e sabbia di fiume, la superficie dell’intonaco non è perfettamente liscia, volutamente, come per intensificare il potenziale espressivo del colore steso su di una materia ruvida.

La tecnica è pittorica, a fresco

Le pennellate rossastre di terra di Siena bruciata  sono il disegno, le prime tracce lasciate dal pittore sull’intonaco fresco, poi vi sono ampie stesure di colore bianco di calce velate di nero, molto diluito. Al centro una bellissima pennellata di azzurrite, non perfettamente a fresco, probabilmente aggiunta alla fine, quasi a secco.

Mi piace leggere la tessitura intrinseca alla materia, mi piace vedere paesaggi lontani perduti nei minuscoli dettagli di un opera d’arte

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SilviaConti RestauroConservativo


Detail of a fresco painting of Lombard area in the first half of the 19th century

The support is a plaster of hydrated lime and river sand, the surface of the plaster is not perfectly smooth, deliberately, as to intensify the expressive potential of the color stretched over a rough matter.

The technique is fresco

The brushstrokes of brunt Siena are the design, the first traces left by the painter on the fresh plaster, then there are ample blankets of white lime veined in black. In the center a beautiful brush of blue,  probably added in the end.

I like to read intrinsic weave texture, I like to see distant landscapes lost in the tiny details of a work of art

Elementi di portfolio