Articoli

Intonaci dell’edilizia storica ordinaria non sottoposta a vincoli

In questo articolo si parla della scelta di conservare gli intonaci storici anche in quei casi in cui sul manufatto non vi siano vincoli di tutela. Si parte dal riconoscimento dell’intonaco antico e delle sue caratteristiche per giungere ai parametri estetici della conservazione.

Una scelta inusuale ma di estremo significato per la memoria storica collettiva

Clicca QUÌ per accedere all’artico sulla rivista INGENIO

Un caso strano

In questo articolo vorrei parlare di un caso atipico sotto il profilo delle tecniche di conservazione.

Premesso che la storia del restauro si è costituita attraverso una moltitudine di prove e tentativi più o meno empirici.

Per una sorta di legge della selezione naturale, i tentativi falliti restano nel dimenticatoio mentre quelli riusciti si trasformano in tecniche di restauro … ecco questo caso è insolito perché ben riuscito ma assai poco diffuso!

Un caso strano di strappo di affresco rivoltato e fissato su di un supporto metallico

Tempo fa scrivevo della mia avversione agli strappi e nel profondo dei miei pensieri resto contraria a tale pratica, capace di  decontestualizzare l’opera, come un colpo di spugna o un’amnesia crudele! Tale da far perdere in un baleno parte della storia di un’opera, memoria della collocazione e delle ragioni, seppur ipotetiche, che possano aver indotto pittore e competenza a realizzarla.

Eppure, come spesso accade, mi ritrovo a causa di forza maggiore  ad approfondire l’argomento detestato, trovandomi dinanzi un caso particolarissimo.

Si tratta di uno strappo di affresco rivoltato su di un supporto in lamina metallica. La tecnica esecutiva è subito apparsa tanto insolita quanto straordinariamente affascinante.

Supporto in lamiera metallica

Lo strappo appare ben fatto ha asportato la superficie pittorica e circa tre millimetri di intonaco. L’adesivo utilizzato per far aderire lo strappo al supporto è un mix di colle animali, sottilissimo, quasi privo di corpo, ma straordinariamente efficace. Non si è persa la morfologia superficiale dell’intonaco e, salvo alcuni distacchi localizzati mantiene un grado di adesione al supporto straordinario

Il dipinto è collocato in esterno e, nonostante le intemperie e le ridipinture si è conservato molto bene. Non vi è certezza sulla provenienza ma io propendo per l’ipotesi di uno strappo effettuato in un vicino convento di clausura. Lo strappo potrebbe risalire alla fine dell’ottocento

Dalle immagini a luce radente si possono notare le imperfezioni dell’intonaco conservate dallo strappo ed una piegatura dello strappo, da ricondursi ad una fase di lavorazione transitoria

   

Dipinto prima e dopo il restauro

      

Avete raccolto altre esperienze di affreschi ricollocati con tecniche insolite? Scrivetelo nei commenti

 

Testi e immagini

Silvia ContiRestauroConservativo

 

I colori del restauro e le aspettative tradite

Parliamo di restauro di grandi superfici, di ciò che in gergo tecnico è definito superficie decorata dell’architettura, i grandi palazzi, i complessi architettonici, quelli che raggruppati definiscono gli scorci e il panorama cittadino

Certamente sono quelle parti delle nostre città che ne definiscono le caratteristiche estetiche e, come nessun altro manufatto è soggetto alla moda, al gusto del tempo, con infinita duttilità si adegua continuamente alle nuove tendenze di pensiero estetico

Ci troviamo spettatori inermi di fronte al variare epocale dell’aspetto del paesaggio urbano e di volta in volta, di decennio in decennio, di zona in zona assistiamo al viraggio del colore della città dal color biscottino diffuso e depresso, che resiste alla “sporcizia” ed ha un non so che di politically correct , al giallo dilagante, come se una colata di polenta lombarda fosse caduta su interi centri storici e poi ancora, il rosso, che si fregia di nobiltà ma che appare come un sacco di plastica che soffoca interi centri storici e poi che dire degli “architettonici” grigi, quelli che se li scegli non sbagli mai, i non colori che lasciano la parola all’architettura che, se associati allo spigolino a piombo ed alla materia plastica,  ti danno la sensazione che il palazzo sia emerso da un sacco di cemento e che ti chieda per pietà di liberarlo da quella coltre di grigiore.

Questi gli esempi più banali ma, facciamo attenzione, sarebbe un ulteriore errore incolpare o mettere al bando  alcuni colori. Tutti i colori sono belli, se adeguati ai loro contesti ed alle loro superfici, al loro volere progettuale. Il problema vero è la scelta della materia: un rosso veneziano o pompeiano non potrà mai essere imitato dal corrispondente RAL xy contenuto in una colata di plastica resa più ruvida da una spruzzata di polvere di quarzo.

Ma proviamo ora ad indagare quale sia la differenza che intercorre tra la materia originaria dei manufatti o comunque più  consona al restauro e l’aspettative della committenza o più in generale degli spettatori

Purtroppo la distanza esiste, la distanza è ampia, la materia originale dell’architettura storica è trasparente, incostante, imperfetta, perfettamente calzante al manufatto che ricopre ma non più consona alla contemporanea idea di antico e del cacofonico “antico splendore”

Si aggiunga a questo che le nuove materie resinose, plastiche, acriliche sono più facili da utilizzare e danno risultati perfetti e se vogliamo, a prova di cretino. Non servono infatti maestranze specializzate, chiunque maneggi un pennello potrà avere risultati impeccabili con acrilici o silossanici. Mentre anche i più bravi operatori avranno grandi difficoltà a gestire le trasparenze della calce, i variabili assorbimenti dei silicati di potassio o ancora le giunzioni delle tempere e delle velature ad acqua di calce .

Così le materie plastiche hanno praticamente soppiantato la materia autentica dell’architettura,  perché più facili da usare e reperire, ma soprattutto perché esteticamente apprezzate. Ed è questo il problema culturale che pare insormontabile.

Potrebbe riultare banalizzante pensare che certi parametri estetici, molto vicini al nuovo, siano da ricondurre a personaggi distanti dal mondo della cultura o appartenenti a specifici ceti sociali . Non è così! Il gusto del nuovo perfetto, piatto e dagli spigoli a piombo è molto più diffuso di quanto non si possa credere. Trasversalmente condiviso da politici, operai, docenti universitari, architetti e informatici, senza troppi patemi d’animo pensano che più nuovo, sia più bello! Ovvio no?

Mi ritrovo a pormi domande del tipo; tutta questa attenzione per lo storico, l’antico … che senso ha? Che senso ha, se per restaurare un palazzo e soddisfare al contempo le esigenze di committenza, popolo ed economia, ci troviamo a doverlo fare “come nuovo” !

Il senso non c’è, ma ci sono ragioni che è bene conoscere.   Nonostante i corsi e i ricorsi storici, tutta la storia che abbiamo alle spalle, è come se si fosse di fronte a una nuova tendenza di pensiero che ha necessità di trovare e regolare i giusti parametri di giudizio. E forse tocca a noi professionisti dei beni culturali indirizzare e guidare nella giusta direzione, spiegare e mostrare come la materia dell’architettura tradizionale sia la più consona. In parole povere dovremmo adoperarci affinché la materia dell’architettura storica torni di moda!

 

Testi e immaginiSilviaContiRestauroConservativo

Dello strappo

Questo articolo per parlare di ciò che non vorrei trattare e neppure vedere, gli strappi di affresco.

Eppure la materia ha suscitato negli anni, e continua a suscitare, uno smodato interesse. Capita infatti di incontrare  interlocutori che non sanno esattamente nulla di arte o di affreschi ma l’unica vaga percezione che hanno in materia d’arte è che gli affreschi si possono strappare, in qualche misura sanno cos’è uno “strappo” e vorrebbero saperne di più. E ti chiedono come si fa!

In molti anni di professione del restauro è forse la domanda più frequente che mi è stata rivolta, dalle persone più diverse con la formazione culturale più disparata.

Mi sono trovata spesso a chiedermi perché, perché in una materia dove nessuno vuole approfondire nulla vi sia questo spiraglio di esigenza, bisogno, richiesta incessante di nozioni tecniche. Che meraviglia potremmo dire! Finalmente un aspetto del lavoro del restauratore che suscita interesse culturale

E invece  spaventa, vi è qualcosa di diverso, pruriginoso, di vagamente perverso. Credo sia connesso al possesso di qualcosa di irraggiungibile, qualcosa di simile al concetto di trofeo

Eppure basterebbe guardare con attenzione uno strappo d’affresco per comprendere che tale tecnica si dovrebbe dimenticare. Premesso che spesso la tecnica dello strappo è stata utilizzata come ultima ratio al fine di preservare dei dipinti che altrimenti sarebbero scomparsi così come l’immobile sul quale si trovavano.

Ciò detto la principale problematica legata agli strappi di affresco è connessa al loro mutato contesto. Nati per essere parte integrante di una parete interna o esterna di un palazzo nobiliare o di una chiesa, ne narravano i dettami stilistico e simbolici. Per cui un affresco di un palazzo nobile avrà avuto riferimenti simbolici al casato, alle proprietà oppure alle gesta dei proprietari. Così su di una chiesa si sarà narrato del santo protettore o della confraternita a cui apparteneva l’edificio  stesso. Le stesse decorazioni aniconiche avranno avuto in se il gusto ed il pensiero di quel luogo di quel tempo e di quelle genti.

I casi in cui l’affresco strappato è ricollocato in loco, non ha subito quindi decontestualizzazione, ne risulta comunque spesso impoverito

I nostri musei sono ricolmi di strappi di affreschi che hanno perduto il loro contesto e la loro storia e dei quali possiamo leggere etichette del tipo. “.. si presume provenga dall’antica Chiesa di .. oggi distrutta” Testimonianze ormai mute di una storia narrata. Racconti mozzati in lingue sconosciute, troppi elementi mancanti per poter comprendere con precisione il significato.

E li possiamo vedere quegli strappi che, per bene siano stati eseguiti, suscitano sempre la medesima sensazione che si prova osservando degli animali impagliati al museo di scienze naturali. Un manufatto un tempo vivo che oggi manifesta la sua mortifera sussistenza.

Si perché gli affreschi vivono sui muri assorbono la luce, restituiscono forme e colori si illuminano al sole e si rabbuiano di notte. Respirano calce e aria, dalla loro superficie millimetrica traspare una profondità ancor più ampia di quella della muratura su cui insistono, vivono, invecchiano e degradano. Comunque vivono molto più di noi e sono li per raccontarci storie antiche, basta ascoltarli. Strapparli è come ammutolirli e metterli in formalina .

Noi restauratori  proviamo a farli vivere più a lungo ma nel rispetto della loro essenza.

 

testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

La nevrosi del filo a piombo nel restauro

Vi state chiedendo cosa sia mai la nevrosi del filo a piombo?

È una diffusa patologia che colpisce gli organi sensoriali di progettisti ed  operatori in ambito architettonico ed è ben tollerata, anzi auspicabile, sino a che si estrinseca nei casi di progettazione dei grattacieli o delle villette a schiera con cappotto termico in polistirolo espanso. I problemi, anche gravi, insorgono nei casi in cui la patologia si manifesti in ambiti di restauro architettonico. In quel contesto specifico può avere  effetti terribili, ma non per gli operatori che ne sono affetti, bensì per i beni sottoposti alle loro attenzioni!

È quella deviazione per cui ogni superficie dell’architettura, nei suoi rapporti intrinseci di piani e volumi, debba essere perfettamente lineare, ortogonale, parallela o perpendicolare

Linee dritte come saette che uniscono la sommità della copertura sino al piano di calpestio. Fughe prospettiche che paiono lame di coltelli, pareti piatte come lastre di vetro. Ci sono si anche angoli che non siano a novanta gradi, certo che sono ammessi. Quarantacinque, trenta? Ma che siano precisi!

Bene, direte voi, qual’è il problema? L’architettura è fatta da piani e volumi che si intersecano lungo linee parallele e ortogonali tra loro

Vero, ma se guardiamo con attenzione l’architettura storica, anche la più precisa e geometrica come quella di Palladio, ad esempio,

noteremo che le superfici non sono piattissime, gli spigoli non sono vivi, i raccordi tra modanature e sotto squadri non sempre sono a novanta gradi. Tutte le superfici, quelle antiche originali, se le guardate con attenzione, hanno delle minime imperfezioni. Le ampie pareti hanno impercettibili avvallamenti, gli spigoli hanno linee che curvano e si arrotondano anche se minimamente e non era solo per la tecnica o la tecnologia mancante all’epoca, ma era una scelta di gusto e la dobbiamo rispettare.

Ora, se il progettista o l’operatore dell’architettura si trova ad intervenire sulle superfici siano esse di intonaco o stucco di un bene architettonico storico e, per via della sua nevrosi del filo a piombo ci raddrizza ogni imperfezione. Il risultato sarà terribile. La nostra chiesa o il nostro palazzo assumerà l’aspetto di una qualsiasi villetta a schiera dell’hinterland delle nostre città, (fatto salvo la differenza dimensionale)

Ciò che ci fa innamorare dell’architettura storica e che la rende unica rispetto agli edifici contemporanei sono quelle minime imperfezioni delle sue superfici, che nulla tolgono alla grandiosità dell’opera, semmai la rendono unica e irripetibile. Rendere rettilineo tutto quello che si trova, corrisponde a soffocare un bene architettonico, a togliergli respiro, espressione e vita

Oh voi che potete, curate quella mortifera malattia della nevrosi del filo a piombo o nulla della nostra architettura antica si salverà!

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

Storia di un muro qualunque

È convinzione comune che i muri non possano  ascoltare, sarà forse vero, ma quel che è certo e che i muri sanno parlare,  raccontano delle storie affascinanti a tratti avvincenti. Non possiamo non ascoltarle perché   la loro è anche  la nostra storia

Adoro guardare i muri, sfiorare le superfici ed ascoltare la loro voce, certo potrei essere considerata “strana” ma non so resistere … vediamo se riesco a traviare anche voi!

Ecco un esempio

Questo è un muro di recinzione annesso ad un palazzo storico della città di Brescia. Questo muro circonda l’area di pertinenza, il cortile, che forse prima è stato  giardino. È costruito in laterizi e conci di pietra calcarea bianca o marmo di Botticino, probabilmente conci di riuso, derivanti da qualche edificazione più antica o addirittura frammenti di muratura antica utilizzati come piede della muratura

Per cominciare vediamo una lettura stratigrafica

Poi individuiamo i tamponamenti

I tamponamenti delle antiche aperture per via della tecnica con la quale sono eseguiti, sono comunque piuttosto antichi, potrebbero essere seicenteschi

Infine analizziamo i dettagli

È molto interessante notare che, all’interno dello spessore dei tamponamenti vi è un intonaco di finitura di grande qualità, realizzato con tecnica a fresco , li possiamo intravedere dalle fessure lasciate dai conci di tamponamento

Questo ed altri dettagli ci dicono che il nostro muro era una porzione di edificio piuttosto importante

Troviamo un bellissimo lacerto di affresco quattrocentesco, lasciato intravedere da una caduta dell’intonaco, si trova  al di sopra di una delle aperture tamponate, ed ha uno  stato di conservazione molto preoccupante. Una testimonianza storica di estremo interesse che ci racconta molto di quel muro e di ciò che poterebbe essere stato in precedenza

In estrema sintesi il muro analizzato potrebbe essere stato un edificio quattrocentesco,  con affreschi di finitura che a sua volta aveva utilizzato i frammenti di edificazione preesistenti. Una costruzione complessa con stratificazioni successive, che  nel ‘600 è stato  inglobato quale muro di cinta di un sontuoso palazzo. In quel periodo è stato tutto ricoperto da intonaco, che in tempi recenti ha subito rinzaffi cementizi e le cadute che ci hanno consentito la lettura

Questa un ipotesi di lettura, fatemi sapere le vostre interpretazioni

 

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

 

I segreti della luce radente nel restauro

Chiunque si occupi di restauro conosce perfettamente i segreti della luce radente

Si tratta di un semplicissimo procedimento che si utilizza in fase di analisi dell’opera per valutarne lo stato di conservazione, per sondarne i dettagli e gli eventuali segreti.

Consiste nel porre una luce radente rispetto alla superficie  dell’opera sia essa un dipinto su tela, un affresco, una scagliola policroma, un intonaco o altro ancora

La superficie dell’opera d’arte a luce radente si spoglia di molte delle apparenze tipiche dell’illusione ottica e ci mostra la superficie della materia da un nuovo punto di vista.

Anche per gli addetti ai lavori analizzare una superficie dipinta a luce radente riserva  spesso sorprese inaspettate.

La visione si scompone immediatamente in un volume che era negato dal valore semantico del dipinto e ci svela le tracce della sua storia.

A luce radente possiamo analizzare la trama di una tela ed i punti di giunzione tra le patte

Un affresco visto a luce radente ci può mostrare i distacchi della superficie pittorica e dell’intonaco, le tracce dei ferri utilizzati per lisciare la superficie, tracce di chiodo o spolvero, le parti di intonaco risarcite o integrate e, qualche volta i ritocchi

La superficie di una scultura  in bronzo  o in terracotta ci può mostrare i punti di assemblaggio tra le porzioni scultoree

Per le superfici intonacate ci aiuta a stabilire i livelli, le sovrapposizioni e gli eventuali danni da distaccamento degli intonaci

Insomma la luce radente è un alleato fedelissimo per chi ama analizzare e comprendere  l’arte

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

 

Cronaca del saggio stratigrafico

Cosa vedono i miei occhi!?

cosa vedono i restauratori quando salgono un ponteggio, non ci crederete ma vedono cose diverse da quelle che osserverebbero altre persone, altri professionisti

Sbuchi dalla botola e … Oddio il quadrante è completamente rifatto, ma tu guarda e seguono una miriade di brontolii, ma vi pareva il caso di arrivare fin quassù con le vostre malte pre miscelate del cavolo. Avrete fatto anche fatica, sapete che c’è? Ve la potevate risparmiare!

Poi annusiamo, auscultiamo, tastiamo e bussiamo la parete come un segugio, fino a quando ci convinciamo del punto giusto per eseguire il saggio stratigrafico, ecco qui, esattamente qui!

Poi ci giriamo, accidenti, carino da quassù guarda che bel panorama, ciaooo!

Vedi il video panoramico

Ok, non perdiamo tempo, questo è il punto giusto, voglio analizzare questo punto, fammi capire come è stato fatto questo intonaco, chissà che non vi sia qualcosa di decente li sotto.

E si parte con bisturi spatole e piccoli scalpelli, tic, tic, sgratt, garatt.

Accidenti a voi, pure la rete e la colla per piatrelle avete messo, sotto alla pre miscelata… e via con altri improperi e brontolii vari

Nove centimetri, nove centimetri di cemento, con l’aggiunta di una rete da pollaio e la sotto un povero intonaco tardo quattrocentesco langue, questa è insensibilità! Infami!

Quando il cemento supera i 4 centimetri il restauratore sbrocca ed i brontolii divengono mugugni e l’aria diviene truce.

Ok ricomponiamoci, prendiamo gli appunti per la relazione, mi raccomando fredda, distaccata, professionale. Et voilà il saggio stratigrafico è fatto!

Sorridi

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

 

La poetica del muro scrostato 2, l’analisi

“la poetica del muro scrostato 2, l’analisi”

Il muro scrostato è poesia per il restauratore, racchiude tutta la storia e le stratificazioni di un edificio storico e la sua lettura è un esercizio professionale, una lezione di storia, tecnica dei materiali ed antropologia culturale

  • Storia perché gli strati di intonaco sono stati eseguiti periodi diversi e di quei periodi storici ci raccontano i dettagli
  • Tecnica perché gli intonaci stratificati in epoche diverse seguono composizioni e tecniche diverse, seppur affini tra loro
  • Antropologia culturale perché ogni strato d’intonaco riflette il pensiero ed il comportamento dell’uomo in un dato periodo storico

Ecco ad esempio una lettura di una stratificazione di un intonaco sulla parete di un’antica torre. Il luogo è impervio eppure di uomini dotati di malta e cazzuole ve ne sono stati… parecchi

Ove vi sono cadute di tale entità è possibile leggere in senso stratigrafico un intonaco, esattamente come fosse un libro di storia

Un dato interessante è notare il comportamento diverso di due intonaci apparentemente identici, quello ottocentesco e quello della seconda metà del ‘900

queste le stratificazioni e mentre penso, mi godo il panorama

  

Testi e immagini

SilviaContiRestauroConservativo

 

Le malte gli intonaci ed il confine tra edilizia e restauro

L’argomento che ho scelto di trattare in questo articolo riguarda un’area d’interesse estremamente vasta

Riguarda il restauro ma anche l’edilizia, qualora si trovi ad operare su manufatti storici.

Desidero parlare di malte ed intonaci

Fatte le doverose  distinzioni, dettate da materia prima, aree geografiche ed evoluzione tecnologica, si tratta di una tecnica incredibilmente longeva, poiché  utilizzata ininterrottamente dall’antichità sino ai giorni nostri!

L’intonaco è quel composto polimaterico che deriva dalla miscelazione di una parte di legante  e due o tre parti di inerte (in polvere o comunque di granulometria medio piccola). Detti componenti vengono mescolati e condotti allo stato semi fluido (malta) mediante l’aggiunta di acqua, quindi il composto viene steso in strati sul supporto prescelto.

Detto supporto può essere rappresentato dalle superfici di un edificio, la cui struttura potrà essere in pietra, laterizio  o altro ancora. La condizione necessaria per l’applicazione dell’intonaco è che il, supporto abbia una, seppur minima porosità. Dopo la stesura, la malta, raggiunge lo stato solido attraverso l’essiccazione, la carbonatazione o la silicizzazione, divenendo così intonaco.

Dobbiamo considerare che l’intonaco ha infinite varianti dettate sia dal componente inerte che dal  legante, oltre che dalla granulometria e dalla modalità di utilizzo. Si pensi che il medesimo composto,  con legante di calce idrata, manipolato con sapienza  tecnico metodologica specifica, può generare intonaco da allettamento per murature semplici, così come stucchi aggettanti  o ancora stucchi veneziani o affreschi. Questo per dare l’idea della grande versatilità di questa materia.

Al fine di comprendere chiaramente quali intonaci siano pertinenti e compatibili con azioni conservative, di restauro  o genericamente compatibili con manufatti storici, si rende utile conoscere i principali tipi di intonaco in circolazione

Nella seguente tabella elencherò i principali tipi di intonaco suddivisi a seconda della tipologia di legante e della compatibilità con il manufatto storico:

Di seguito una breve descrizione dei diversi tipi di intonaco elencati nella tabella

L’ Intonaco di calce idrata – L’intonaco con il legante aereo per eccellenza, deriva dalla cottura della pietra  calcarea (calce viva) messa poi a spegnere in vasche di acqua e stagionato per almeno 2 anni. Si tratta del più antico dei leganti, per fare un esempio, gli intonaci interni alle piramidi egizie sono di questa natura, così come gli affreschi di ogni epoca e gli stucchi Veneziani. Per ovvi motivi è il più direttamente compatibile con i manufatti storici. Asciuga in presenza di aria e, grazie all’anidride carbonica in essa contenuta consolida attraverso il particolarissimo processo chimico della carbonatazione. I Romani vi aggiungevano pozzolana per conferire caratteristiche idrauliche all’intonaco, ma oggi abbiamo la calce idraulica

L’intonaco di calce idraulica – ha il medesimo componente della calce idrata, si tratta di idrossido di calcio, ottenuto mediante cottura del calcaree ma a delle gradazioni più alte rispetto alla calce idrata. Questo intonaco asciuga anche in presenza di acqua e umidità, per questo è detto “idraulico”. La calce idraulica naturale è contraddistinta in commercio dalla sigla NHL (Natural Hidraulic Lime). ATTENZIONE in assenza della sigla NHL non è calce naturale a seguire NHL possiamo avere un numero 2,5- 3,5 – 5,  in sintesi si tratta del grado di tenuta della calce  al centimetro cubo (esempio 3,5 Kilo Newton al centimetro). L’intonaco di calce idraulica possiede un ottima compatibilità con i manufatti storici ed è particolarmente indicato per i quelli collocati in zone umide e fredde.

L’intonaco ai Silicati di Potassio è caratterizzato da un legante silicico, il silicato di potassio, che ha il potere di aderire al supporto con grande tenacia. Un modo semplice per visualizzare  il meccanismo di presa del silicato di potassio (silicizzazione) consiste nell’immaginare che la parte fluida  dell’intonaco sia del vetro liquido con il potere di penetrare in ogni anfratto e di  inglobare i pigmenti ed i granelli di inerte e quindi di legarsi indissolubilmente al supporto, garantendo al contempo una buona traspirazione. Questo tipo di intonaco nasce dall’invenzione dei  colori ai silicati (silicato di potassio + pigmenti minerali) brevettati in Baviera  da Adolf Whilelm Keim nel 1878, tale idea era volta a consentire, anche nei luoghi freddi e umidi, di decorare le pareti esterne ottenendo risultati simili alla decorazione a fresco. Oggi i silicati forniscono una vasta gamma di colori e intonaci colorati di ottima qualità. Questo intonaco ha un aspetto naturale con lievi differenze cromatiche e non è di facilissimo utilizzo poiché, come gli intonaci di calce, tende a segnare le giunzioni e le differenze cromatiche dei diversi tipi di assorbimento del supporto. Per le sue caratteristiche trovo sia un intonaco ottimo per manufatti otto – novecenteschi e nel caso in cui si debbano consolidare calci idrauliche o  cementi novecenteschi dei palazzi liberty o Decò, oppure in luoghi freddi, per il resto è comunque preferibile la calce idrata o idraulica. Vi è un dato a cui si deve prestare attenzione nell’utilizzo  di questo prodotto, non si deve cedere alle sirene della distribuzione commerciale che spesso consiglia vivamente e associa  un buon intonaco ai silicati di potassio ad  una finitura ai colori silossanici, che contengono resine sintetiche, e andrebbero a rovinare l’intento conservativo del prodotto ai silicati di potassio.

L’intonaco di loppa basica granulare d’altoforno merita una riflessione particolare, poiché questo legante dall’azione idraulica latente, generata da leganti idraulici da miscela è poco studiato, poco conosciuto ma temo, molto più diffuso di quanto non si possa immaginare. La loppa basica granulare d’altoforno è un residuo della lavorazione della ghisa, che, si è evidenziato avere del potere legante. Circa una decina di anni or sono la commissione per le normative comunitarie della comunità Europea ha inserito questo materiale tra i leganti idraulici. Non esistono in bibliografia studi specifici approfonditi in relazione all’utilizzo di tale legante su manufatti storici, ma il fatto che sia una scoria della lavorazione siderurgica da da pensare che non si tratti propriamente di acqua di fonte e quindi potrebbe essere dannosa per la conservazione di un manufatto storico. Un ulteriore dato sospetto è che sono pochissimi gli intonaci premiscelati dove si dichiari palesemente che il legante sia loppa d’altoforno, ed è qui il punto! Se fosse ovvia la bontà del prodotto perché mai commercializzarlo sotto mentite spoglie? A causa di vari trucchi commerciali ,  chi si occupa di manufatti storici e restauro deve prestare una grande attenzione, spesso agli intonaci di loppa d’altoforno vengono commercializzati con generiche indicazioni di intonaco a base di calce. La loppa d’altoforno ha costi molto contenuti ed è di colore grigio. Due piccole accortezze ci possono aiutare ad individuare il vero legante dell’intonaco premiscelato

  1. La calce idraulica naturale NHL è di colore bianco o beige o terra naturale chiara, MAI GRIGIA! diffidiamo dei premiscelati di questo colore
  2. I sacchi che inseriscono a caratteri cubitali sulle indicazioni NON AGGIUNGERE CALCE hanno ottime probabilità di contenere loppa d’altoforno, che notoriamente ha reazioni avverse con la mescolanza alla calce naturale, sopratutto idrata. Diffidiamo quindi dei premiscelati che riportano tale indicazione

Intonaco di calce eminentemente idraulica è un altro intonaco con legante derivante da una miscela, quindi non naturale, e dall’attività idraulica latente. Come la loppa d’altoforno è dichiarato legante idraulico dalla CEE ma cosa contenga di preciso non è facile comprendere. Genericamente è di colore grigio ed ha un costo molto contenuto, risulta essere particolarmente dannoso per i manufatti storici poiché spesso contiene polimeri o scarti del cemento, quei residui che non hanno raggiunto le caratteristiche di tenuta richiesti per divenire Portland, vengono miscelati con chissà cos’altro e impacchettati come calce eminentemente idraulica. E’ un materiale pericolosissimo per il restauro, poiché si propone sotto le mentite spoglie della calce, ed ha invece tutte le caratteristiche negative, ormai note, del cemento e non possiede neppure quelle positive come la tenuta.

Intonaco di cemento, è quasi inutile parlarne, tutti lo sanno, è quanto di più controindicato possa esistere nel campo della conservazione dei manufatti storici. Tuttavia è sempre molto diffuso, ha un basso costo ed una facilità incredibile di lavorazione. Mentre per la calce le conoscenze tecniche sono indispensabili al fine di realizzare un intonaco di qualità, l’intonaco di cemento riesce  sempre, anche se realizzato da un neofita, facile e veloce, per questo è così amato dalle ditte edili. Il cemento deriva dalla cottura del clinker ad altissime temperature, contiene molti agenti leganti diversi tra loro ed il suo procedimento di presa e indurimento è così complesso che ancora non è perfettamente chiaro neppure per i chimici. Per il restauro è molto dannoso, è troppo rigido, attira tutti i sali solubili di nitrato del circondario, attira l’umidità che induce disgregazione agli intonaci di calce idrata circostanti, è igroscopico e chi più ne ha più ne metta. Intendiamoci se desiderate realizzare una nuova costruzione in cemento armato, la finitura in cemento sarà perfettamente compatibile ma nei manufatti storici no! È un incubo.

Intonaco con leganti acrilici o sintetici genericamente difinito al quarzo per il tipo di inerte utilizzato. Normalmente è un composto di inerti legati per polimerizzazione del legante di tipo acrilico, resinoso o di sintesi. È molto diffuso, anzi è il più diffuso in assoluto, trova utilizzo per la finitura delle facciate di ogni genere, dalla villetta a schiera alla facciata del museo. Lo troviamo sotto  forma di intonaco colorato in pasta, con granulometria sottile oppure grossa e difforme che crea ombre di pseudo antichità sulle superfici trattate, oppure come stucco liscio alla veneziana. Presenta  una gamma immensa di colori da quelli pieni e compatti a quelli iridescenti, perlescenti o brillantanti. A corredo ha sempre un aggrappante da stendere, sulla povera muratura, prima della realizzazione e magari una velatura collosa da usare come finitura e creare l’effetto finto antico anzi per usare un neologismo diffuso “antichizzazione”.  Molto versatile, il componente  acrilico o di sintesi può essere aggiunto a quasi tutti gli altri materiali creando mix micidiali per la conservazione degli intonaci antichi. A differenza degli intonaci ai silicati o di calce è di semplice utilizzo, ha colori piatti e uniformi  può raggiungere  gradazioni tonali molto accese, risulta sempre uniforme e compatto resiste per lungo tempo, immobile come un rifiuto di plastica al mare, nel frattempo inquina tutto ciò che lo circonda.  Quando degrada, presenta delle deformazioni superficiali e distacchi, delle bolle alla “alien”  e quando le bolle si lacerano,  l’intonaco si sfoglia, con il tipico effetto della fetta di prosciutto, mentre al di sotto dalle murature antiche, arrivano segnali di vita ed esplodono i sali solubili di nitrato e, facendo attenzione si può sentire il respiro del manufatto storico che era stato imbavagliato per anni. La superficie muraria trattata con questo materiale non presenta differenze cromatiche di sorta e ciò contribuisce ad ottenere un caratteristico effetto “nuovo” alla superficie trattata. Forse per questo è ritenuto “irresistibile” e ricopre con la sua coltre sintetica oltre il 60% dei manufatti storici delle città italiane. Avete capito bene il 60.  L’empatia con la plastica dev’essere la ragione del suo incredibile successo, poiché non è attribuibile a ragioni economiche, è un materiale di facile utilizzo ma per nulla economico, anzi può raggiungere costi importanti. Dal mio punto di vista ritengo che si tratti di un fenomeno dai risvolti antropologici con palesi ricadute sul paesaggio, un fenomeno da studiare. Chissà mai che si trovi una cura!   Ovviamente è altamente controindicato per i manufatti storici

Dopo aver elencato le più diffuse tipologie d’intonaco ed averne individuato la compatibilità o meno con il manufatto storico, ci si può addentrare nel merito delle modalità compatibili al concetto di restauro, mi spiegherò meglio. Vorrei indagare proprio  in modo semplice e schematico quella sottile linea di demarcazione che si trova tra il restauro di superfici decorate dell’architettura e l’edilizia.

Al fine di applicare delle modalità conservative non basta individuare l’intonaco corretto da utilizzarsi su un dato manufatto, ma si rende necessario applicare tutte le procedure di un vero e proprio restauro. Spesso infatti passano sotto la denominazione di “restauro” azioni che nulla hanno a che vedere. Nello specifico elencherò alcune fasi di lavorazione che passano erroneamente per conservative:

Demolire tutti gli intonaci di un palazzo, antichi, di evoluzione stilistica e recenti  e sostituiti con nuovi, seppur compatibili NON È CONSERVAZIONE E NEPPURE RESTAURO

Ricoprire gli intonaci di finitura antichi con intonaci nuovi, seppur compatibili NON È RESTAURO

Le demolizioni sono compatibili con il restauro solo quando interessano la rimozione di un intonaco incongruo e dannoso per il manufatto (tipo intonaco cementizio)

Il restauro è conservare gli intonaci antichi e storicizzati ed integrarli nelle loro parti mancanti, infine, se sarà necessario si potranno armonizzare dal punto di vista cromatico. TUTTO IL RESTO È EDILIZIA!

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo