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Un caso strano

In questo articolo vorrei parlare di un caso atipico sotto il profilo delle tecniche di conservazione.

Premesso che la storia del restauro si è costituita attraverso una moltitudine di prove e tentativi più o meno empirici.

Per una sorta di legge della selezione naturale, i tentativi falliti restano nel dimenticatoio mentre quelli riusciti si trasformano in tecniche di restauro … ecco questo caso è insolito perché ben riuscito ma assai poco diffuso!

Un caso strano di strappo di affresco rivoltato e fissato su di un supporto metallico

Tempo fa scrivevo della mia avversione agli strappi e nel profondo dei miei pensieri resto contraria a tale pratica, capace di  decontestualizzare l’opera, come un colpo di spugna o un’amnesia crudele! Tale da far perdere in un baleno parte della storia di un’opera, memoria della collocazione e delle ragioni, seppur ipotetiche, che possano aver indotto pittore e competenza a realizzarla.

Eppure, come spesso accade, mi ritrovo a causa di forza maggiore  ad approfondire l’argomento detestato, trovandomi dinanzi un caso particolarissimo.

Si tratta di uno strappo di affresco rivoltato su di un supporto in lamina metallica. La tecnica esecutiva è subito apparsa tanto insolita quanto straordinariamente affascinante.

Supporto in lamiera metallica

Lo strappo appare ben fatto ha asportato la superficie pittorica e circa tre millimetri di intonaco. L’adesivo utilizzato per far aderire lo strappo al supporto è un mix di colle animali, sottilissimo, quasi privo di corpo, ma straordinariamente efficace. Non si è persa la morfologia superficiale dell’intonaco e, salvo alcuni distacchi localizzati mantiene un grado di adesione al supporto straordinario

Il dipinto è collocato in esterno e, nonostante le intemperie e le ridipinture si è conservato molto bene. Non vi è certezza sulla provenienza ma io propendo per l’ipotesi di uno strappo effettuato in un vicino convento di clausura. Lo strappo potrebbe risalire alla fine dell’ottocento

Dalle immagini a luce radente si possono notare le imperfezioni dell’intonaco conservate dallo strappo ed una piegatura dello strappo, da ricondursi ad una fase di lavorazione transitoria

   

Dipinto prima e dopo il restauro

      

Avete raccolto altre esperienze di affreschi ricollocati con tecniche insolite? Scrivetelo nei commenti

 

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Silvia ContiRestauroConservativo

 

Storia di un muro qualunque

È convinzione comune che i muri non possano  ascoltare, sarà forse vero, ma quel che è certo e che i muri sanno parlare,  raccontano delle storie affascinanti a tratti avvincenti. Non possiamo non ascoltarle perché   la loro è anche  la nostra storia

Adoro guardare i muri, sfiorare le superfici ed ascoltare la loro voce, certo potrei essere considerata “strana” ma non so resistere … vediamo se riesco a traviare anche voi!

Ecco un esempio

Questo è un muro di recinzione annesso ad un palazzo storico della città di Brescia. Questo muro circonda l’area di pertinenza, il cortile, che forse prima è stato  giardino. È costruito in laterizi e conci di pietra calcarea bianca o marmo di Botticino, probabilmente conci di riuso, derivanti da qualche edificazione più antica o addirittura frammenti di muratura antica utilizzati come piede della muratura

Per cominciare vediamo una lettura stratigrafica

Poi individuiamo i tamponamenti

I tamponamenti delle antiche aperture per via della tecnica con la quale sono eseguiti, sono comunque piuttosto antichi, potrebbero essere seicenteschi

Infine analizziamo i dettagli

È molto interessante notare che, all’interno dello spessore dei tamponamenti vi è un intonaco di finitura di grande qualità, realizzato con tecnica a fresco , li possiamo intravedere dalle fessure lasciate dai conci di tamponamento

Questo ed altri dettagli ci dicono che il nostro muro era una porzione di edificio piuttosto importante

Troviamo un bellissimo lacerto di affresco quattrocentesco, lasciato intravedere da una caduta dell’intonaco, si trova  al di sopra di una delle aperture tamponate, ed ha uno  stato di conservazione molto preoccupante. Una testimonianza storica di estremo interesse che ci racconta molto di quel muro e di ciò che poterebbe essere stato in precedenza

In estrema sintesi il muro analizzato potrebbe essere stato un edificio quattrocentesco,  con affreschi di finitura che a sua volta aveva utilizzato i frammenti di edificazione preesistenti. Una costruzione complessa con stratificazioni successive, che  nel ‘600 è stato  inglobato quale muro di cinta di un sontuoso palazzo. In quel periodo è stato tutto ricoperto da intonaco, che in tempi recenti ha subito rinzaffi cementizi e le cadute che ci hanno consentito la lettura

Questa un ipotesi di lettura, fatemi sapere le vostre interpretazioni

 

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Prove tecniche di appartenenza o resistenza

Questo mio pensiero è per il senso di appartenenza dei restauratori

Una sorta di sperimentazione tecnica. Un piccolo esercizio di resistenza  da attuare in caso di  commenti,  diffamazioni,  infamie! Il fine? Diventare categoria di restauratori o guru, chissà

Il più delle volte, quando ci si appresta ad affrontare un nuovo intervento di restauro, ci si trova dinanzi all’opera di nostri colleghi restauratori, quelli che ci hanno preceduto, che sono intervenuti anni prima di noi.

Incredibile a dirsi ma capita veramente di rado che un opera non sia mai stata “toccata” o restaurata. Questo in se ha dell’incredibile se si pensa che la disciplina del restauro, così come intesa dalla normativa, è disciplina relativamente recente

Dicevo, se l’opera ha almeno un centinaio di anni è praticamente impossibile  che non sia stata mai sottoposta ad un qualche tipo di intervento, dalla finalità e dall’intenzione più o meno conservativa.   Quelle poche volte che accade, ci si trova di fronte all’opera, magari degradata, ma così come realizzata dall’artista, ecco …  ci si sente di aver scoperto un tesoro.

Tornando alla realtà, non sempre l’opera in questione  è stata restaurata da professionisti restauratori, spesso da pittori nel caso di restauri più antichi, oppure dal volontario della parrocchia che tanto ama l’arte, ma più spesso da decoratori

Sotto il profilo etico e personale preferisco astenermi dal commentare le scelte dei miei predecessori. E per miei predecessori intendo restauratori.

Lo faccio perché credo fermamente che la nascita ed il consolidarsi della credibilità di una categoria professionale, oltre che dalle norme scritte stia nella forza di quelle regole non scritte e non dette, che impongono rispetto e senso di appartenenza 

Ciononostante mi rendo conto di quanto questo possa essere difficile, anche quando, forti delle migliori intenzioni, ci si trova ad esempio di fronte a gratuite diffamazioni, magari indotte da una qualche forma di invidia professionale e, chissà perché ci viene una gran voglia di restituire la cortesia!  È così difficile resistere dal ribattere a tono. Ma non serve, non è etico e sopratutto non favorisce la più alta causa della nascita di una categoria consapevole

Quando sento irrefrenabile il desiderio di ribattere a qualche cialtroneria, provo a pensare a quanto  diffamare e fare cattiverie  sia la cosa più facile ed agevole del mondo. È un dato di fatto: tutti, ma proprio tutti, idioti inclusi, sono capaci di fare e dire infamità.  Per fortuna non tutti cedono a questo declivio dell’anima e l’astenersi dal  diffamare è ben più difficile del suo contrario

Nel panorama sociale  contemporaneo dove vince chi insulta e chi è incline all’odio facile, sarebbe bello che noi restauratori fossimo, nella nostra casacca variopinta di categoria semi inesistente, un’altra volta controcorrente.

Ed è un augurio che faccio a me e a tutta la categoria ufficiale, ufficiosa esistente o no!

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SilviaContiRestauroConservativo

Il ritocco nel restauro

In questo articolo vorrei spendere qualche pensiero sul ritocco nel restauro conservativo

Il ritocco nel restauro conservativo è una delle molte fasi di lavorazione, una delle ultime di un intero restauro. Dal punto di vista conservativo è tra le più semplici. Una volta garantita la reversibilità del pigmento e dei leganti utilizzati per lo stesso, non vi sono problemi, nel senso che potrà essere agevolmente rimosso in un futuro intervento, senza danni per l’opera.

Eppure il ritocco è una di quelle fasi del restauro che può determinare o compromettere l’intera  riuscita di un restauro. Può determinare la leggibilità di un opera o la può compromettere, proprio perché si occupa del livello estetico di percezione, fruizione e leggibilità . Infatti il tipo di ritocco viene concordato, in via preventiva, con il funzionario competente della Soprintendenza, quasi mai viene lasciato al libero arbitrio del professionista.

Per ritocco si intende l’integrazione pittorica di piccole e medie lacune della superficie pittorica di una data opera d’arte, finalizzato a facilitare la lettura dell’opera stessa.

Il ritocco può riguardare molte delle tipologie di opera soggette a restauro; dai dipinti ad olio su tela e tavola, agli affreschi, ai grandi elementi decorativi dell’architettura, alla scultura policroma e dorata, agli stucchi, e molte altre superfici decorate e policrome.

Vi sono varie tecniche di ritocco che spesso si suddividono a seconda della volontà progettuale del restauro di rendere o meno visibile, distinguibile o riconoscibile (ad occhio esperto) il ritocco dalla superficie originale

Tra le più diffuse tecniche di ritocco vi sono il rigatino, il puntino o le piccole macchie che tendono a creare una sorta di cucitura della trama perduta, la selezione cromatica, la velatura a tono o sotto tono ed il mimetico

Il ritocco costituisce anche una prova di abilità per noi restauratori. Una sorta di esercizio di meditazione, quasi ipnotico, che ti può mettere in contatto profondo con l’essenza dell’opera d’arte e ti consente di sentirne ed interpretarne la voce, come un musicista quando esegue uno spartito. E quando scopri di averlo interpretato nel modo corretto, proprio come l’autore intendeva, puoi toccare il cielo!

 

Quando mi reco nella galleria degli Uffizi a Firenze e mi perdo dinanzi  alla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto, guardo il basamento, quello con le arpie e le iscrizioni, in gran parte  ricostruito con la tecnica a rigatino, arpie comprese. Credo sia stato restaurato agli inizi degli anni ’80 del ‘900.  Ecco quando lo guardo, non voglio più sapere cosa penso sotto il profilo ideologico, di quel tipo di integrazione scelta, ebbene, vorrei solo baciare in fronte quel genio che lo ha ritoccato, colui o colei che ha realizzato quell’opera d’arte nell’opera. Grazie, una vera delizia per una restauratrice!

Il ritocco è anche la fase di lavorazione più soggetta in assoluto alle mode del momento, dal tipo di ritocco che vediamo su di un opera possiamo determinare con una discreta agilità il periodo in cui è stato restaurato ed anche l’area geografica.

Normalmente è la prima parte di un restauro che viene eliminata dal successivo e, con essa se ne vanno il pensiero e il gusto percettivo di un dato periodo storico. Per questo documentare il restauro diviene esercizio di storia dell’arte

 

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SilviaConti  RestauroConservativo

 

Analisi dei danni – ridipinture 1

In questo articolo vorrei analizzare una frequente tipologia di danno che riguarda in genere le superfici dipinte policrome, sia di dipinti murali a fresco che a secco, dipinti su tela e opere lignee policrome. Parlo della presenza di strati di colori a corpo soprammessi alla pellicola pittorica originale. 

In buona sostanza, ci si trova dinanzi ad altri restauri che per motivi  molto diversi e variabili, si sono trasformati nel tempo in un “danno“.

In alcuni casi si tratta di ritocchi alterati, ovvero piccole porzioni o pennellate di colore utilizzato per integrare lacune che, avendo una grado di stabilità alla luce diverso da quello originale, hanno assunto nel tempo colorazioni difformi rispetto ai pigmenti originari, che dovevano integrare.

In altri casi sono vere e proprie ridipinture, ovvero ampie e complete stesure di colore più o meno a corpo che ricoprono e riprendono le forme della sottostante opera d’arte

I colori soprammessi che ci troveremo dinnanzi possono essere di svariata natura e variano a seconda di una serie di fattori, che vanno dalla peculiarità territoriale  alla datazione, e una serie di altre variabili.

Se è possibile ottenere  della documentazione in merito a questi vecchi interventi, ci sarà di grande aiuto. Tuttavia, in molti casi è necessario saper distinguere il materiale soprammesso direttamente dall’analisi visiva e tattile, al fine di poterlo rimuovere con maggiore precisione.

Se la superficie ridipinta  è un elemento decorativo dell’architettura ed  stata eseguita da un decoratore o genericamente “pittore”, potremmo trovarci di fronte grossomodo alla seguente tipologia di materiale

  1. Se l’intervento è precedente agli anni ’60 del ‘900 sarà probabile trovare casseati di calcio, colori a calce e tempere con leganti organici
  2. Se l’intervento è stato realizzato dagli anni ’60 ’70 del ‘900 potremmo trovarci di fronte a  tempera o calce, ma possiamo contemplare anche   la comparsa dei primissimi vinilici, nati per il restauro del legno ma dilagati poi su ogni superficie
  3. Se l’intervento è stato realizzato dagli anni ’80 del ‘900 ad oggi  è molto probabile che sia realizzato con colori   acrilici o polivinilici, genericamente di quelli in vendita nei colorifici

Se la superficie ridipinta riguarda una scultura lignea policroma prepariamoci ad affrontare smalti ed affini, i più antichi saranno smalti all’olio, poi smalti sintetici ed infine smalti all’acqua, paradossalmente questi ultimi sono i più tenaci da rimuovere.

In questo articolo vorrei analizzare un caso specifico di intervento di ridipintura su di una superficie a fresco realizzata attorno agli anni 80 del ‘900

In questo caso vediamo un esempio di ripresa di un dipinto a fresco con colori a corpo di tipo acrilico

Innanzitutto è bene osservare il dipinto a luce radente, così da poter individuare i sollevamenti della pellicola pittorica e le eventuali porzioni  “lucide” che segnalano la presenza di materiale acrilico o vinilico

Un dato  che ci consente di riconoscere il tipo di ridipintura è il suo degrado, ovvero il tipo di sollevamento e distaccamento della pellicola pittorica. Attenzione si intende quella di ritocco. Ebbene questo strato di colore, in presenza di umidità, si distaccherà dalla superficie, prima a piccole bolle gommose e poi a scaglie .

Nella fase immediatamente precedente il distacco potremo osservare, come nell’immagine seguente, una diffusa ossidazione della pellicola polivinilica soprammessa. Questa diverrà opaca, lattiginosa e comincerà a creare delle tensioni superficiali che porranno le condizioni per il distacco  ed il sollevamento della pellicola pittorica

Nell’immagine d’insieme si può osservare come in luogo delle cadute della pellicola pittorica di ritocco, permangano comunque tracce di colore, che guarda caso resistono al passaggio dei sali solubili di nitrato, poiché sono i pigmenti naturali originari del dipinto

Appuntamento ai prossimi articoli per analizzare altre tipologie di ridipintura!!

Testi e immagini SilviaConti@RestauroConservativo

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