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l’uso del trapano nella scultura antica

La scultura è una delle arti più complesse per la sua realizzazione e più potente in quanto a capacità comunicativa di un messaggio artistico

Quando osservo una scultura mi faccio coinvolgere dal suo aspetto d’insieme e poi ne indago i particolari, per individuare e ripercorrere le fasi costruttive e di realizzazione.

Un piccolo segreto che aiuta a comprendere come una scultura sia stata realizzata e, spesso a individuarne la datazione, consiste nell’individuare e seguire i punti lasciati dal trapano

È un minuscolo dettaglio nell’immensa complessità dell’arte scultorea ma delinea la tecnica e la storia della scultura stessa.

Il trapano è uno strumento utilizzato sin dalla più remota antichità, i più antichi erano ad arco

e, gli strumenti in genere erano pochi e semplici

Il trapano veniva utilizzato dopo aver sbozzato grossolanamente il blocco  di pietra. Il trapano si usava in quella prima fase per definire i punti più profondi, ovvero gli “scuri” della scultura. Spesso venivano praticati una serie di fori che definivano la profondità e da li venivano poi rimosse le porzioni di pietra eccedenti, le pareti che dividevano i fori, sino ad ottenere il punto di vuoto, scuro o sottosquadro desiderato. Osservando le sculture antiche, nei punti di scuro, si possono intravedere spesso i fori accostati del trapano utilizzati per raggiungere tale risultato

Il dettaglio che da sempre mi affascina è come il foro del trapano venga utilizzato come elemento decorativo a se stante e, proprio la modalità in cui viene utilizzato il foro del trapano con valenza decorativa può aiutare a datare un manufatto scultoreo

Vi sono periodi storici nei quali la scultura è  fortemente caratterizzata dall’utilizzo decorativo del trapano come ad esempio la scultura longobarda dove il gusto quasi grafico viene mosso ed esaltato da un utilizzo decorativo dei punti scuri e tondi del trapano

ecco due esempi di utilizzo del trapano per fini costruttivi  e decorativi

   

Chissà quanti ne vedrete ogni giorno, se gradite, aggiungeteli nei commenti

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SilviaContiRestauroConservativo

 

Descialbo

Parliamo di Descialbo

Per comprendere cosa sia il descialbo bisogna prima indagare la parola scialbo. Scialbo, oltre a significare smorto pallido e insignificante indica uno strato di colore a corpo steso sull’intonaco, deriva dal toscano. Spesso si riferisce ad uno strato di calce idrata lievemente pigmentata che ricopriva ampie porzioni dell’intonaco di un edificio.

Il descialbo alla lettera significa la rimozione dello scialbo, in realtà la parola “descialbo” non è Italiano corretto. In sostanza un neologismo che nel settore del restauro è entrato con prepotenza, come temine tecnico in sostituzione del più corretto e complicato “rimozione degli strati superficiali soprammessi”

La fase di lavorazione del descialbo, fa parte del vocabolario del restauro conservativo e costituisce quell’insieme di atti volti alla rimozione degli strati soprammessi da una superficie policroma, e più specificamente  un intonaco o un affresco

Nella maggior parte dei casi si effettua con bisturi e piccole spatole ma vi sono casi in cui lo scialbo ha uno spessore maggiore  e si può rimuovere con piccoli martelletti

 clicca per il video

In buona sostanza maggiore è lo spessore e più facile sarà la rimozione. La maggiore o minore difficoltà nella rimozione di uno scialbo soprammesso ad un affresco è dettata da una serie di fattori variabili che vanno dalla materia costituente lo scialbo, il grado di coesione della materia, il grado di adesione al supporto, eccetera.

Il più delle volte lo scialbo è costituito da uno strato di calce idrata stesa molto liquida nei periodi di pestilenza, con la funzione di disinfettare palazzi e chiese, ecco per quello scialbo non vi è altro mezzo che la rimozione a bisturi

Il descialbo è una delle fasi più complicate, lunghe, imprevedibili, tediose e che richiedono infinita pazienza, eppure per noi restauratori è una parola dal suono meraviglioso

Nella maggior parte dei casi descialbo è il sinonimo di ritrovamento di affreschi. La gioia più grande per un restauratore. Che altro desiderare!

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SilviaContiRestauroConservativo

Restauro – Nuovi materiali, come agire

Nel panorama del restauro i materiali da utilizzarsi nelle varie fasi di lavorazione hanno varie derivazioni.

Si sa, il restauro è una disciplina relativamente recente e, nella sua fase iniziale, come un saprofita si è avvalso degli studi e dei materiali nati per altri settori. Sperimentando di volta in volta, applicando  piccoli aggiustamenti procedurali il dato materiale al singolo intervento di restauro.  Sino a che non ha preso forma una categoria, più o meno eterogenea e variabile, di materiali specifici per il restauro.

Acque, solventi, agenti e reagenti, consolidanti, malte, stucchi, mestiche, batteri , cere, boli,  bitumi, adesivi, fissativi, pigmenti, resine e vernici.

Materie prime e composti complessi,  per comprendere i quali è necessaria una certa qual predisposizione all’alchimia. Penso alle ricette della colla – pasta per la foderatura dei dipinti, ogni area geografica, ogni scuola, ogni studio di restauro ha una propria ricetta. Ricette complesse onnicomprensive con mille e più accorgimenti metodologici, più o meno segreti, per raggiungere il risultato voluto.

    

In sostanza, vuoi per formazione vuoi per consuetudine i restauratori sono abituati ad avere a che fare con i materiali più diversi al fine di  svolgere il proprio mestiere.

Negli ultimi anni, seppur con un’intensità minore a quella riservata per altri settori, sono comparsi sul mercato nuovi materiali per il restauro. Stucchi e malte già pronti, prodotti per la pulitura, tutti ben confezionati e promettenti.

Ora, non si può che essere felici che l’industria si stia in qualche misura occupando di creare prodotti appositi per il restauro

    

Tuttavia vi è il rischio dell’immissione sul mercato di materiali per il restauro, detti tali solo al fine di accaparrarsi una fetta di mercato in più, ma nella sostanza del tutto identici a quelli già diffusi per altri settori, tipo quello dell’edilizia.

E’ nella natura del restauro e nell’attitudine dei restauratori cercare e sperimentare sempre nuovi materiali e nuove metodiche di restauro. Quindi ben vengano i nuovi materiali. Ma proprio per questo motivo è bene assumere un atteggiamento di analisi critica costruttiva nei confronti dei nuovi materiali, al fine di testarne la reale efficacia nel nostro settore.

Che ne caso del restauro significa sopratutto; compatibilità con il materiale da restaurare, durata nel tempo e reversibilità.

Innanzitutto avremo la necessità di verificare i contenuti reali di un dato prodotto, quindi inizieremo con reperire notizie chiedendo la scheda tecnica al produttore. Non dobbiamo ne possiamo fidarci delle informazioni commerciali che, il più delle volte, per rispondere a parametri di comprensibilità sono povere  di dettagli. Per deformazione professionale i prodotti definiti  “a base di…” mi suscitano una certa diffidenza, sopratutto quando accade di scoprire che l’elemento tanto decantato sull’etichetta quale “base” compare nella composizione reale  in un valore risibile.

I nuovi materiali vanno poi testati, esattamente come accade nell’industria farmaceutica, dopo la messa a punto in laboratorio  si giunge alla fase di sperimentazione. Così i nostri nuovi materiali andranno testati, da noi stessi, anche se le ditte produttrici lo hanno già fatto, affinché ognuno possa verificare se possano trovare utilizzo nei propri casi specifici di restauro.

Possibilmente utilizzeremo quale  test l’intonaco della nostra cantina, o la crosta dipinta del soggiorno della zia, oppure i gradini del giardino vicino  casa. In nessun caso va utilizzato un nuovo materiale non testato su di un manufatto di pregio. Daremo anche del tempo utile alle nostre prove  affinché gli eventuali elementi problematici possano emergere e palesarsi.

Poi ci confronteremo con i colleghi e verificheremo se qualcuno abbia già raccolto una casistica degna di nota dell’utilizzo del dato materiale … Infine, se proprio ne saremo convinti, potremo utilizzarlo.

… a questo punto della considerazione, chi non aveva la vocazione del restauratore si sarà già tramutato in una statua di sale.

Gli pseudo restauratori saranno alle prese con i danni prodotti dall’utilizzo di un materiale non testato.

Mentre i committenti e le direzioni lavori  si staranno chiedendo in quale girone infernale siano caduti, per  dover sopportare le nostre stranezze!

 

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo 

 

 

 

Materia e restauro

In questo articolo intendo parlare della materia del restauro e della materia nel restauro

Può sembrare un gioco di parole ma in fondo non  non lo è,  non quando si parla di  restauro. Poiché ciò di cui mi occupo è una disciplina strettamente connessa alla materia e sono convinta  che solo dalla conoscenza e dall’analisi della materia  si possa provare a capirne l’essenza.

Le riflessioni derivano da alcuni pensieri che mi ritrovo a percorrere circa il motivo per il quale abbia scelto la professione del restauro … certo prima di tutto c’è l’amore per l’arte e la sua storia, poi vengono la necessità di indagare, toccare, conservare  e comprendere. Si ma cosa. Certamente l’essenza dell’opera, il suo messaggio, tutti quegli elementi astratti che l’opera ci comunica, così come  la sua intenzione artistica. Ma tutti questi messaggi astratti fatti di emozione e pensiero usano un unico veicolo per giungere a noi,  passano tutti attraverso la materia di cui è composta un opera d’arte. Ed ecco che siamo arrivati al punto. Un nuovo punto di partenza per l’analisi. La materia di cui è composta un opera d’arte che è anche la materia di cui si occupa il restauro.

Per essere più precisi, la materia del restauro e la materia fisica di cui è composta un opera d’arte, per ovvia  conseguenza si può comprendere quanto  la materia abbia un importanza assoluta e rilevante nel restauro anche per la scelta dei materiali per condurre il restauro stesso.

Non a caso il restauro è suddiviso e disciplinato da un punto di vista formale a seconda delle materie,  trattate in via specialistica dai vari professionisti. Anche se è cosa diffusa, nonché utile alla sopravvivenza della “specie”, che ogni restauratore abbia più di una specializzazione in materia di restauro. Ovvero si occupi ed abbia esperienza diretta su più materiali

Credo possa essere di aiuto, al fine di comprendere l’intima connessione tra uno specifico settore del restauro e la sua materia di pertinenza, dare un occhiata agli ambiti di competenza, di seguito elencati, seppur sommariamente :

  • Superfici decorate dell’architettura, questa categoria comprende, affreschi, intonaci antichi, graffiti e stucchi e tutte le superfici  immobili di pertinenza architettonica, fatta esclusione per gli elementi lapidei che hanno una categoria a se

 

 

 

 

  • Elementi lapidei

  • Mosaici

 

 

 

 

 

  • Elementi lignei, questa categoria riguarda   mobili e sculture

 

 

 

  • Dipinti mobili su tela e tavola

  • Metalli

  • Tessuti

  • Reperti ceramici ed archeologici

  • Strumenti musicali

Solo per citare le più note.

Già ad una prima sommaria osservazione delle immagini si può comprendere quanto i materiali oggetto  del restauro siano diversi tra loro e in virtù di questa diversità e peculiarità vengono richieste varie competenze nonché  abilità nell’uso di metodiche e tecniche diverse . Poi ci sono gli oggetti compositi come la gioielleria o certe opere polimateriche. Per intervenire sui quali si rende utile l’isolamento delle varie materie al fine di intervenire con apposite metodiche su ognuno dei componenti dell’opera.

Così accadrà che materiali e tecniche utili per il restauro di un dato manufatto saranno del tutto inutili se non dannosi nel trattamento di un’altro oggetto.

Facciamo un banale esempio se nel restauro degli affreschi è consolidato l’uso, per la fase di pulitura, di sali del tipo carbonato o bicarbonato di ammonio, questi stessi, utilizzati su dipinti su tela o policromie lignee creerebbero danni irreversibili. Ma lo sanno tutti! L’esempio pare banale per quanto ovvio ma è utile prestare  attenzione poiché non sarebbe la prima volta, si vedano i casi dei materiali nati ed utilizzati nel restauro di oggetti lignei finiti dritti dritti nel restauro degli affreschi con pacifico consenso di tutti, penso  a certe resine acriliche e sintetiche tuttora molto diffuse.

Ma allora come è possibile agire con presunta certezza nel segno della conservazione del manufatto a fronte di una situazione di cronica e fluida instabilità?

Personalmente credo che la risposta stia proprio nella materia, ovvero nella conoscenza della stessa.

Quando si analizza e si studia una materia, quando la si osserva e la si conosce, quando dal profumo di un mobile si comprende l’essenza lignea o sfiorando un intonaco si arriva a dedurne la composizione o manipolando un metallo si intuisce la lega di cui è fatto. Allora si può comprendere un dato di estrema importanza per il restauro, il concetto di compatibilità tra i materiali. Un faro di riferimento che deve condurre le azioni di restauro, sempre associato della reversibilità!

Certamente ci vengono in aiuto tutti gli studi chimici e fisici  ma prima di fidarsi ciecamente di un materiale, che potrebbe vantare studi scientifici di parte, ovvero condotti dalla stessa ditta che ne gestisce la diffusione sul mercato. Pensiamo alla compatibilità con il nostro oggetto, quello specifico del caso che stiamo trattando, pensiamo alla sua composizione, alla sua collocazione, all’esposizione agli agenti atmosferici, alle condizioni climatiche e microclimatiche di quel dato luogo, alla possibilità che venga fatta manutenzione e a tutte le variabili che caratterizzano la vita quotidiana di un’opera d’arte. Allora potremo capire se quel materiale specifico  potrà funzionare per il restauro del nostro oggetto e potremo ridurre il rischio di errore nella scelta.

Così nel panorama di costante mobilità delle tematiche del restauro, la conoscenza della materia che compone l’opera d’arte costituisce un solido punto di riferimento per chi opera alla conservazione del patrimonio artistico e storico.

Sopra a tutto l’ottima teorizzazione del restauro, della quale il nostro paese può andare fiero, che detta le linee guida, trasversali utili per ogni oggetto, giardino o città di interesse storico artistico.

Testi e immagini SilviaConti©RestauroConservativo

Colore

Colore

Tutti sappiamo cos’è il colore, riempie la vita di ognuno di noi, ogni giorno, tutto quanto ci attornia ha un colore; il cielo, il paesaggio, la nostra auto, le scarpe che indossiamo ed anche la nostra pelle, i nostri occhi e i nostri capelli. Potremmo ben dire che il colore è parte di noi.

Da un punto di vista fisico il colore è la capacità di una data  materia di rifrangere la luce o meglio il colore è ciò che il nostro cervello recepisce sotto forma di  radiazioni elettromagnetiche o frequenze di ciò che emana quella data materia in presenza di luce.

Se proviamo a pensare al significato profondo della percezione cromatica ci rendiamo conto di quanto il colore,  così amichevole e familiare ad ognuno di noi, nasconda un tema  vasto e complesso, direi ciclopico e come se non bastasse, in continua evoluzione. Basti dire che di colore si occupano la fisica, la chimica, la fisiologia, l’ottica, la psicologia e chissà quante altre scienze. Inoltre è materia della storia dell’arte, della simbologia, della filosofia e di chissà quante altre materie umanistiche.

Ogni patria, ogni religione, ogni congregazione, ogni associazione, ogni squadra sportiva, ogni società per azioni ha i propri colori resi simbolo in loghi, vessilli o bandiere.

I colori che meglio conosco e di cui posso occuparmi in questo mio blog sono quelli materiali, dalle caratteristiche chimico fisiche tangibili e misurabili, peso specifico, granulometria, acidità, basicità, potere colorante, stabilità alla luce, etc.

Sto parlando dei pigmenti

Nel restauro si usano i pigmenti puri, o quantomeno si dovrebbero usare, conoscerne le caratteristiche è fondamentale per la buona riuscita di un intervento di restauro. I pigmenti infatti hanno caratteristiche chimico fisiche peculiari che li rendono più o meno adatti all’utilizzo in una data situazione. Più o meno resistenti  alla calce quale medium o alla luce per esposizione.

             

I pigmenti si suddividono in categorie, classi e sotto classi

Innanzitutto possono essere organici o inorganici, naturali o di sintesi, la gamma è vastissima e in continua evoluzione. Restringerò quindi il campo ai pigmenti utilizzabili nel restauro che, guarda caso, corrispondono alla gamma dei pigmenti utilizzati nella maggior parte delle opere d’arte antiche (dipinti, affreschi ed opere policrome in genere).

I pigmenti della tradizione storica si possono raggruppare nelle seguenti categorie

  1. Pigmenti di terra o di cavatura
  2. Pigmenti minerali
  3. Pigmenti vegetali
  4. Pigmenti animali

Per dare un idea concreta di questa suddivisione farò alcuni esempi che certo non possono esaurire l’intera gamma:

I pigmenti di terra sono i più diffusi e variano dai gialli ocra alle terre d’ombra naturali o bruciate, ai bruni

 

I pigmenti minerali sono per lo più azzurri, alcuni verdi, blu, violetti ma anche il grigio grafite

    

I pigmenti vegetali sono alcuni verdi, alcuni gialli, il nero di vite

   

I pigmenti animali sono i rossi, tipo di cocciniglia o la porpora e il nero avorio

   

Nei prossimi articoli approfondirò il dettaglio alcuni singoli pigmenti

Una nota doverosa per gli ossidi , sono i colori in polvere più diffusi e meno costosi, nascono per l’industria della ceramica. Spesso vengono confusi con i pigmenti di cui sopra ma vanno utilizzati con cognizione di causa nell’arte in genere, mentre nel restauro non vanno utilizzati affatto, per via della loro instabilità, infatti questi colori trovano la loro stabilità solo a seguito di cottura.

Testi SilviaConti©RestauroConservativo

Color

We all know what color is, fills the lives of each of us, every day, everything that surrounds us has a color; the sky, the landscape, our car, the shoes we wear and even our skin, our eyes and our hair. We could say that color is part of us.

From a physical point of view, color is the ability of a given matter to refract light or rather color is what our brain transpires in the form of electromagnetic radiation or frequencies of what emits that given matter in the presence of light.

If we try to think about the deep meaning of color perception, we realize how color, so friendly and familiar to each of us, conceals a broad and complex theme, I would say cyclops and as if it were not enough, constantly evolving. Suffice to say that color is concerned with physics, chemistry, physiology, optics, psychology and many other sciences. It is also a matter of the history of art, of symbolism, of philosophy and of many other humanities.

Every homeland, every religion, every congregation, every association, every sports team, every corporation has their own colors rendered as symbols in logos, banners or flags.

The colors that I know best and which I can deal with in this blog are material materials, tangible and measurable physical chemical characteristics, specific weight, granulometry, acidity, basicity, coloring power, light stability, etc.

I’m talking about pigments

In the restoration pure pigments are used, or at least they should be used, to know the characteristics is essential for the successful restoration work. In fact, pigments have peculiar physical chemical characteristics that make them more or less suitable for use in a given situation. More or less resistant to lime as medium or light for exposure.

The pigments are divided into categories, classes and subclasses

First of all, they can be organic or inorganic, natural or synthesized, the range is vast and constantly evolving. I will then restrain the field to the pigments that can be used in the restoration which, by chance, correspond to the range of pigments used in most antique works (paintings, frescoes and polychrome works in general).

Elementi di portfolio